Chiacchiere in libertà #8: Il branco nell'era dei social




Salve,
sono di nuovo qui a condividere con voi qualche pensiero sconclusionato che sicuramente non piacerà a qualcuno, che altri troveranno inutile e molti noioso, ma dopotutto abbiamo la libertà di parola, ancora, e quindi posso farneticare come meglio credo finché non offendo nessuno.

No, non è vero, non voglio assolutamente farneticare. Come ho scritto molte volte sia sulle recensioni, sia quando ho aperto questa rubrica, molti spunti per i miei articoli o sproloqui li prendo leggendo le discussioni o gli status sulle bacheche di FB, ma anche sui vari gruppi, ascoltando le persone in treno, o anche solo chiacchierando con gli amici; improvvisamente ecco che ho un’idea per una chiacchierata.
Come mai mi è venuto in mente di parlare di Branco nell’era di Internet, soprattutto sui social? Semplice, ho osservato quanto accade in molti gruppi, cosa accade nei commenti di Amazon ad alcune autrici, ho letto i commenti su alcuni profili instagram o sotto gli articoli di diversi giornali on line. Ho vissuto e letto più o meno in diretta, proprio l’altro giorno, cosa è accaduto quando si sono susseguiti due avvenimenti di cui vi accennerò subito. Non sono due grandi eventi a livello mondiale, per niente, però hanno toccato molte persone che conosco almeno virtualmente, in molti gruppi che frequento.

Il primo è stato la scoperta di un plagio da parte di un’autrice self di un romanzo che personalmente non conosco, non so nemmeno chi sia l’autrice del libro plagiato, ma sembra che sia stata pubblicata da una Casa Editrice abbastanza grande e importante. Lo scrivo subito, non mi metterò a parlare di plagio, quanto sto per dire non significa che io sia d’accordo che la tipa in questione abbia copiato interi capitoli a un’altra persona, perché so perfettamente che oltre a essere illegale è anche immorale. Che poi penso, se sei un autrice self, più di molti altri autori devi avere la moralità di non avere determinati comportamenti, questo perché non hai nessuno che ti bacchetta e ti dice: "questo non lo puoi scrivere". Una casa editrice suppongo sia diversa, quando editano e correggono un testo penso facciano le dovute ricerche per fare in modo di pubblicare un lavoro inedito e non scopiazzato in giro, perché non è solo l’autore a perdere in quel caso, ma anche lo stesso editore. Arrivati a questo punto voi mi direte, ma cosa c’entra questo discorso con l’articolo in questione? Semplice, ho visto come le persone sui social si sono comportate con l’autrice che ha plagiato. Ha sbagliato e qui sono d’accordo, non la difendo. Secondo me “sei una stronza” se lo meritava anche, soprattutto dalle sue lettrici che in questo modo ha deluso, che si sentono prese in giro, giustamente direi; ma da qui a insultarla pesantemente non mi sembra giusto.
Ho letto veramente di tutto, il branco, gruppi interi che le se rivoltavano contro e le auguravano di tutto, la maledicevano e le auguravano la morte, dandole inoltre insegnamenti di moralità, quando di morale ed educato in quello che ho letto c’era ben poco.

Sei una sua lettrice, sei indignata, mi sta bene. Sei di cattivo umore perché ti senti presa in giro, ci posso stare, ma dal momento in cui ti coalizzi assieme ad altre persone e insulti anche se solo on line, non va più bene. Dal mio punto di vista non è educato, è bullismo e moralmente sbagliato quanto plagiare.
Passa un giorno e sembra che la tempesta plagio si sia calmata, il branco è rientrato e nessuno pensa più a quanto accaduto, fino a che non compare un articolo. Un autore, tale Ivano Mingotti, ha scritto sul suo sito/blog quanto è accaduto con il plagio e anche di più. Costui, di cui il nostro blog ha recensito un libro, ha postato un articolo ironico, veritiero almeno in parte, attaccando i romanzi romance pubblicati in self, ma anche i romance in genere, affermando che con casa editrice o meno, molti di questi libri siano poco curati a livello di editing, di trama e di tutto. Ora, ho letto l’articolo e lui lo ha detto decisamente con meno tatto, e infatti è scoppiata l’apocalisse.

Dunque, anche qui aprirò una piccola parentesi; l’ho scritto anche in un mio articolo, era riferito al mondo M/M ma anche a molti generi di libri, romance, harmony, young adult e via dicendo, in pochi si salvano. Che siano self o che escano con case editrici, sembra che la maggior parte dei lettori amino quel tipo letture: leggere, poco articolate e con tanto sesso, possibilmente con un lieto fine; nulla da eccepire sui loro gusti, il punto è che se non si cerca di migliorarsi e scrivere qualcosa che superi il target standard di ora, tutto quello che poi passa fra le mani del lettore non dico sia un brutto prodotto, ma nemmeno un capolavoro. I romance più o meno erotici non sono il mio genere preferito, ma ci sono delle autrici che li scrivono e sono anche brave. Rosamunde Pilcher scrive romance, è un’allegra vecchietta di novantadue anni che scrive da tanto tempo e non si è mai fatta problemi a inserire scene di sesso nei suoi libri. Le sue scene sono delicate, non tantissime, ma ci sono. I suoi libri parlano di storie d’amore, ma poi ti trovi fra le mani un romanzo che ti ha comprato a caso tuo padre quando eri a letto con la febbre a quaranta e pensi che sia un piccolo gioiello. In Ritorno a casa lo stile, la prosa, le descrizioni e anche gli avvenimenti storici ruotano attorno ai protagonisti. Gli avvenimenti come la guerra e il periodo storico in cui vivono e si muovono i vari personaggi sono parte integrante del libro, di quanto accade ai due innamorati. Lo stesso vale per le descrizioni, la Cornovaglia prima, come Shanghai e Ceylon sono parte integrante del testo. All’interno del romanzo vi è inserita la cultura di tre luoghi differenti, il comportamento e il modo di vivere in quello che all’epoca era l’Impero Britannico e di conseguenza viene descritta la cultura di questi paesi, mescolata a quella inglese, e anche le differenze di coloro che, pur essendo inglesi, sono nati nelle colonie e cresciuti lì per un lungo periodo di tempo.

Viene descritto alla perfezione il mondo dove si muovono i personaggi, la cultura dei luoghi esotici e l’autore parla del loro passato, dà loro un background non indifferente. C’è tutta una ricerca sia a livello descrittivo che storico che ora come ora si trova in pochissimi romanzi. Eppure nel libro in questione, come in molti altri dell’autrice, la storia d’amore ne fa da padrone. Se qualcuno non mi crede, basta guardare i film per la tv che hanno girato sui suoi romanzi, ambientazioni spettacolari e una storia d’amore. Nei libri però c’è anche altro, si nota la caratterizzazione dei personaggi, il modo in cui sono stati creati dall’autrice.
Quindi, tornando al discorso dell’articolo di Mingotti, diciamo che per un verso ha ragione, il target non è altissimo nei romance, soprattutto quelli erotici che siano het o m/m e man mano va sempre più abbassandosi, ma non è di certo dovuto solo al self o all’editing, perché parlo anche di quelli di case editrici; anche i lettori dovrebbero desiderare qualcosa di più complesso, con personaggi caratterizzati e un’ambientazione di fondo con descrizioni ed eventi decisamente più dettagliata. Ovviamente, come ho scritto sopra, l’articolo era ironico e il suo autore non ha avuto un filtro, io quando scrivo ho il filtro Ilaria che mi bacchetta se ci vado troppo pesante. Ovviamente non è di romance che voglio parlarvi, il mio è solo un esempio, uno dei più vicini a cui ho assistito e anche in questo caso è esplosa l’indignazione e il branco dei social si è scatenato. Commenti, risposte all’articolo, pensieri poco carini rivolti all’autore.
Io giro sui social da un po’, li uso di più dal momento in cui, assieme alle altre, abbiamo aperto il blog, e proprio in questo caso mi sono resa conto di quanto anche online si creino gruppi, piccole sette pronte a scagliarsi su chiunque la pensi in maniera differente.
Quelli da me descritti sono solo due casi, due estremi visto che in uno, il primo, la persona in questione si è comportata male, ma non per questo ci si deve mettere al suo stesso livello. Il problema è che il branco si scatena sempre e comunque, soprattutto online in questa era dei social. Gruppi di persone che fanno comunella, che si coalizzano per avere il sopravvento su altri, affinché tutti la pensino come loro.
Ovviamente in questo caso parlo del mondo della letteratura, del self, delle piattaforme online dove si pubblicano le proprie storie, ma lo faccio perché nel web sono i luoghi che frequento di più. Ma il cyberbullismo e il branco che si scatena accade un po’ ovunque, anche per la minima cretinata. Ho letto persone che ne insultavano altre anche se non avevano fatto nulla, per l’aspetto, perché avevano detto bianco invece che nero. Insomma decine, se non centinaia di individui che invece di pensare con la propria testa ne seguono uno e ripetono a pappagallo tutto quello che questo dice, insultando senza una reale ragione. Arrivando ad attaccare e a toccare argomenti che non c’entrano nulla con quanto detto. Torno con l’esempio del plagio, colei che ha plagiato non si è comportata bene, ha sbagliato, ma dal dirle che ha sbagliato a augurarle ogni male del mondo, perché? Chi la insulta in quel modo, moralmente è migliore di lei?
Idem per l’autore dell’articolo sul self erotici e via dicendo, augurargli la morte serve a qualcosa? Migliorerebbe il livello di scrittura di alcuni libri?
C’era un tipo, che forse ne sapeva un po’ più di tutti noi, o forse no, che disse delle sagge parole: chi è senza peccato scagli la prima pietra. Ora, per quanto la mia fede sia molto dubbia, alcune cose che diceva non erano poi così sbagliate. Per poter giudicare qualcuno bisogna essere perfetti e per quanto in molti credono di esserlo, dubito che al mondo ci sia anche una sola persona a esserlo realmente.
Un altro signore, meno divino di quello sopra citato, invece ha detto delle parole un po’ più forti, ma che per un verso io condivido. Almeno per quanto riguarda il criticare in massa e attaccare sconosciuti senza un reale motivo, prima, come diceva Umberto Eco lo facevano al bar, adesso puoi raggiungere chiunque tramite i social e insultarlo, rendergli una vita un inferno anche senza averlo mai visto.


“I social permettono alle persone di restare in contatto tra loro, ma danno anche diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano al bar dopo un bicchiere di vino e ora hanno lo stesso diritto di parola dei Premi Nobel”.

Io penso che con i social, con i gruppi, le persone abbiano smesso di pensare con la propria testa, seguono un leader autoproclamato, qualcuno che idolatrano, che sembra avere più carisma, ma che al tempo stesso non ha la preparazione o l’educazione per essere un capo. Dicono e pensano come lui, lo difendono a spada tratta, arrivando a comportamenti discutibili, ad attaccare gli altri. E qui giungiamo a un altro punto del branco sui social, l’amikettismo, ovvero difendere i propri amici coalizzandosi contro un’unica persona; il motivo? Non c’è un motivo preciso, può aver contrariato l’amiketta in questione in un commento, dire che preferisce le bistecche al brucare erba. Affermare che un libro sia brutto e scritto male o solo che non le è piaciuto perché non è il suo genere e lì scoppia l’apocalisse. Ho parlato con persone che sono state soggette a questo tipo di trattamento, la loro vita è stata resa un incubo e tutto questo solo per un determinato periodo di tempo, un lasso breve. La domanda è: ma coloro che sono soggetti a insulti, bullismo prolungato, come possono sentirsi? Come possono affrontare insulti che diventano virali, arrivano ovunque e non è possibile cancellarli, rimarranno sempre da qualche parte, su un sito, un blog, salvati nel pc di qualcuno?

Internet è virale, il web lo è, una foto, una parola, anche solo un articolo possono segnare una persona per tutta la vita, soprattutto perché online è sempre difficile scindere quali sono le notizie serie, quelle approfondite e strutturate bene dalle bufale, da quegli articoli o post nati solo per offendere, per screditare.
Post nati dall’ignoranza.

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