La cena di Herman Koch



Due coppie sono a cena in un ristorante di lusso. Chiacchierano piacevolmente, si raccontano i film che hanno visto di recente, i progetti per le vacanze. Ma non hanno il coraggio di affrontare l'argomento per il quale si sono incontrati: il futuro dei loro figli.

L'autore Herman Koch


Faticherò non poco a scrivere questa recensione, ma non perché il libro sia brutto o scritto male. Il problema che ho riscontrato in questo libro sono i forti sentimenti di rabbia e irritazione che mi ha suscitato.
Ma andiamo con ordine. 
La cena di Herman Koch è un romanzo del 2009 (in Italia pubblicato nel 2010 da Neri Pozza) ambientato in Olanda e narrato dal punto di vista di Paul Lohman. Lui è uno dei quattro commensali, assieme alla moglie, al fratello e alla moglie del fratello.
Paul ci racconta tutto come se fossimo i suoi confidenti, come se potessimo leggere il suo pensiero, eppure tiene il lettore in sospeso sugli eventi fondamentali. L’autore è davvero bravo a creare una tensione sottile all’inizio, che diventa sempre più prepotente, fino a che non rivela finalmente i segreti che tanto bramiamo di sapere.
Questa cena ruota infatti attorno ad un avvenimento misterioso (almeno all’inizio) che coinvolgerebbe Michael e Rick, i figli delle due coppie.



Il fratello di Paul, tra l’altro, è candidato a Primo Ministro olandese, per cui si può intuire che ciò che i ragazzi hanno combinato possa mettere in pericolo la sua carica.
Fin qui, tutto bene.
Quando però l’autore ha finalmente cominciato a rivelare i suoi segreti, quando ci racconta cosa hanno combinato i ragazzi e cosa continuano a fare, sono cominciati i problemi.
Koch è bravissimo a scrivere, ma c’è una componente del suo stile che mi ha creato davvero tantissimi problemi: la neutralità.
Chiaramente, di solito uno scrittore non scrive mai in maniera apertamente parziale, ma cerca di raccontare fatti, lasciando al lettore la sua interpretazione. In linea teoria, perché secondo me tra le righe spesso si può intuire il sentimento di condanna di certe azioni. 



Gli autori di romanzi non sono certo giornalisti o storici, che devono raccontare i fatti per come sono senza assolutamente influenzare la scrittura con la loro opinione. È normale, quando si costruiscono dei personaggi, dare loro un’inflessione negativa o positiva.
Koch non lo fa: racconta eventi a mia opinione terribili senza mai in qualche modo condannarli. Nemmeno con il sottotesto. È stata una lettura frustrante, perché più volevo che i personaggi capissero di star sbagliando, più l’autore raccontava tutto con una neutralità disarmante. 
Non dico che il suo stile sia sbagliato, però questo non ha impedito a me di irritarmi oltremisura. Avrei solo voluto prendere a schiaffi metaforici i protagonisti e dire loro:  ma siete seri? Davvero non vi rendete conto della gravità delle vostre parole?



Eppure, Koch, fino alla fine, continua la sua narrazione nel medesimo modo, senza dare al lettore quella rivalsa che sperava di ottenere una volta scoperto cosa davvero era successo.

Forse l’autore voleva trasmettere volontariamente queste sensazioni: non metto in dubbio che nella realtà queste cose accadano, che non tutti hanno lo stesso concetto di morale. Forse voleva mostrare in maniera schietta come ragiona qualcuno con una morale diversa da quella della maggior parte (o almeno lo spero) delle persone. Se era la sua intenzione, ci è riuscito in pieno. 


Dal romanzo di Koch ne è stato tratto un film nel 2017, intitolato The Dinner, con Richard Gere, Steve Coogan, Laura Linney e Rebecca Hall.

Ho deciso di assegnare come voto quattro piume perché, nonostante l'irritazione durante la lettura, non posso lamentarmi dello stile eccelso e della maestria nel gestire una trama così delicata da parte dell'autore, di cui sicuramente recupererò altre opere. Anche per confrontare lo stile particolare di questo romanzo e capire se gli altri sono così o sono diversi.



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