Road to Oscars: Dunkirk


Nel 1940, dopo l'invasione della Francia da parte della Germania nazista, migliaia di soldati alleati si sono ritirati sulle spiagge di Dunkerque e, circondati dall'esercito tedesco, attendono di essere evacuati.





Dunkirk è uno delle nove pellicole candidate a miglior film per gli Oscar 2018. Le altre nomination che ha avuto sono: miglior regia, miglior fotografia, miglior montaggio, miglior scenografia, miglior colonna sonora, miglior sonoro, miglior montaggio sonoro.

Per me non è affatto facile fare questa recensione, come non è stato facile vedere questo film.
Da sempre, faccio fatica a digerire i film di guerra, soprattutto quelli ambientati durante le guerre mondiali.





Ciò che più mi fa stare male è la sensazione di annullamento dell’umanità che queste guerre hanno portato. La morte, soprattutto in queste guerre, spesso è vana e senza uno scopo. La guerra, quella vissuta in prima linea, è sfiancate e avvilente soprattutto perché non c’è una parte per cui tifare. Alla fine, tutti i soldati semplici sono nella stessa situazione, che siano di uno schieramento o di un altro.

Ciò che però ha distinto questo film rispetto agli altri sono stati diversi fattori.



Dunkirk si divide in tre distinte linee narrative: il molo, che racconta le vicende di una settimana, il mare che dura un giorno e il cielo, della durata di un’ora.
Le tre linee si intersecano in punti differenti, e questo è un elemento davvero interessante. Permette di incontrare personaggi ad un certo punto nel film, per poi scoprire come ci sono arrivati.
Il tutto si ricollega perfettamente alla fine.
Altro elemento che ha catturato la mia attenzione è che la presenza dei nemici, i tedeschi, è praticamente invisibile. Se ne parla tanto, si vedono i risultati dei loro attacchi, ma loro non si vedono praticamente mai.
Questo non fa che alimentare la sensazione di ansia che il film procura fin dai primissimi minuti, aiutando lo spettatore ad immedesimarsi nei personaggi, per quanto è possibile.



Una cosa che mi è piaciuta veramente tanto è stata l’attenzione a rendere il film quanto più realistico possibile.
Se cercate un film pieno di scene d’azione, con combattimenti al limite dell’incredibile, non è il film per voi. Dunkirk riproduce fedelmente le tecniche di attacco dell’epoca, senza esagerare per suscitare stupore nello spettatore. Non è questo il suo obiettivo. Infatti, quello che il film ci vuole raccontare è la disperata ricerca di salvezza quando si è ad un passo da casa (l’Inghilterra riesce quasi a vedersi, al di là della Manica) senza però la possibilità di poterla raggiungere.

Per ora è difficile fare pronostici, visto che ho visionato solamente tre dei nove film candidati, ma ritengo che Dunkirk potrebbe essere tra i papabili a vincere la statuetta come miglior film, e non solo.



Il cast è numeroso, in quanto Dunkirk è un film corale. Ne fanno parte Fionn Whitehead, Damien Bonnard, Tom Glynn-Carney, Jack Lowden, Harry Styles, Aneurin Barnard, James D'Arcy, Barry Keoghan, Kenneth Branagh, Cillian Murphy, Mark Rylance e Tom Hardy.
Mi è piaciuta un sacco la performance di Tom Hardy, ma sono di parte perché adoro questo attore.



Anche Cillian Murphy è stato molto bravo nell’interpretare il soldato sotto shock.
Tuttavia il film non lascia grande spazio alle interpretazioni individuali: i personaggi sembrano un’unica grande entità, che si muove in sincro. Nessuno brilla più di un altro e forse questa scelta è stata fatta proprio per lasciar capire che, in una situazione del genere, non contano più i gradi e i singoli, ma tutti sono allo stesso piano. Tutti desiderano salvarsi e tornare a casa.


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