Il fantasma non ha pagato il conto (The Ghost Wore Yellow Socks Vol. 2) di Josh Lanyon



Trama:
Vivere e disegnare a Los Angeles.
L’artista Perry Foster, che adesso vive a L.A. insieme all’ex Navy SEAL Nick Reno, va in soccorso dell’eccentrico Horace Daly, leggendaria star di film classici dell’orrore come Perché non muori, mia dolce? e Sette spose per sette demoni.
Horace è l’anziano proprietario del celebre ma ora fatiscente Angel’s Rest, hotel di Hollywood che si vocifera essere infestato da fantasmi. Ma per quanto ne sa Perry, la cosa più inquietante di quel posto sono i folli residenti, uno dei quali pare determinato a calare il sipario per sempre su Horace e su chiunque gli metta i bastoni tra le ruote.



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Eccomi, arrivo; in ritardo, ma arrivo.
Quando ho preso questo libro per recensirlo in anteprima mi sono accorta di non aver letto il primo, così alle mie letture e alle mie recensioni se ne è aggiunta un’altra.
Contando che poi questa estate ho recuperato molti libri di Josh Lanyon, ho pensato: "uno in più di certo non può farmi male". Solo che la mia scaletta delle recensioni si è un pochino allungata, ma non di tanto.
Dunque, cosa dire di questo romanzo?
Come ho accennato nella scorsa recensione, quella de Il fantasma dai calzini gialli, della scrittura e dei libri di Josh Lanyon me ne sono veramente innamorata. Li ho adorati tutti quelli che ho letto e quando sono arrivata al primo di questa serie, mi ha lasciato veramente senza parole. Potrei dire che è il mio preferito al momento; non che gli altri siano brutti, ma oltre alla storia, allo stile dell’autrice, una cosa che ho veramente apprezzato è stata l’ambientazione.
Quando ho iniziato il secondo romanzo, Il fantasma non ha pagato il conto, il pensiero che l'ambientazione fosse cambiata un po’ mi dispiaceva, ma era abbastanza lampante, visto il finale del primo.
Il problema del libro a mio parere però non è tanto in cambio di ambientazione, ma il fatto che sia fin troppo simile al primo, senza però avere quell'ambientazione caratteristica, suggestiva, malinconica, che dava quella casa sperdute nel Vermont.
Los Angeles è bellissima, non lo metto in dubbio, perfetta per una storia; l’idea di un albergo con tanta storia non è nemmeno male, eppure non ho trovato lo stesso mordente, le stesse scintille che mi hanno fatto innamorare del primo libro.
Lo so, non dovrei paragonarli, ma come posso non farlo, quando il modo in cui sono stati strutturati è così simile?
La storia non è male, scorrevole, anche l’idea dell’hotel con tanti personaggi particolari ha il suo fascino, eppure ho come l’impressione che l’autrice si sia lasciata sfuggire qualcosa in questo libro, che si sia dimenticata qualcosa.
Il romanzo ha un buon potenziale, dei personaggi di contorno decisamente particolari, uno più particolare dell’altro, decisamente ben caratterizzati, ma in questo caso, quello che ha perso un po’ sono i due protagonisti, che sembrano essere stati messi da parte, come l’intera indagine.
Perry porta Nick in questo albergo per un fine settimana, per non lasciare da solo il vecchio e strano proprietario; gli chiede aiuto per scoprire chi voglia fare del male all’uomo che tutti ritengono pazzo, pieno di manie di protagonismo e molto altro. Ma dal mio punto di vista, in questo secondo capitolo della serie le indagini fanno fatica a carburare.
Perry e Nick parlano con gli inquilini dell’hotel trasformato in residence, ma non so, dal mio punto di vista non si è accesa la scintilla. Nemmeno quando trovano il corpo di un intruso, che conferma che veramente qualcuno vuole fare del male a Horace, le cose riescono a decollare per quanto riguarda la trama.
La seconda parte del romanzo, chiamiamola così, dove arriva la polizia per indagare, è sin troppo veloce, si arriva al finale in maniera affrettata, senza che Nick e Perry avessero un vero e proprio scopo durante il susseguirsi degli eventi.
Mi hanno dato l’impressione di essere delle spalle; avete presente quando in un programma la spalla dà il via per una battuta particolarmente divertente, o permette al protagonista di prendere in mano il discorso? Ecco, in questo caso sembra che il loro ruolo sia quello di spalle e non di protagonisti. Il problema è che, essendo loro due i protagonisti e rimanendo in questo modo troppo in disparte, la lettura del romanzo risulta un pochino piatta.
Come ho detto, dal mio punto di vista a salvarlo sono gli strambi personaggi che vivono all’Angel’s Rest hotel e qualche incursione del grande coccodrillo appartenente a uno dei residenti.

Josh Lanyon scrive bene, indubbiamente non si può dire nulla al suo stile, eppure in questo caso credo che il romanzo, rispetto a tutti i suoi altri, sia sotto tono.
Veramente un peccato, perché aveva tante potenzialità, una bella location sulla quale lavorare e dei personaggi decisamente interessanti, compresi i due protagonisti che conoscevamo più che bene.



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