La strada di Cormac McCarthy



Un uomo e un bambino, padre e figlio, senza nome. Spingono un carrello, pieno del poco che è rimasto, lungo una strada americana. La fine del viaggio è invisibile. Circa dieci anni prima il mondo è stato distrutto da un'apocalisse nucleare che lo ha trasformato in un luogo buio, freddo, senza vita, abitato da bande di disperati e predoni. Non c'è storia e non c'è futuro. Mentre i due cercano invano più calore spostandosi verso sud, il padre racconta la propria vita al figlio. Ricorda la moglie (che decise di suicidarsi piuttosto che cadere vittima degli orrori successivi all'olocausto nucleare) e la nascita del bambino, avvenuta proprio durante la guerra. Tutti i loro averi sono nel carrello, il cibo è poco e devono periodicamente avventurarsi tra le macerie a cercare qualcosa da mangiare. Visitano la casa d'infanzia del padre ed esplorano un supermarket abbandonato in cui il figlio beve per la prima volta un lattina di cola. Quando incrociano una carovana di predoni l'uomo è costretto a ucciderne uno che aveva attentato alla vita del bambino. Dopo molte tribolazioni arrivano al mare; ma è ormai una distesa d'acqua grigia, senza neppure l'odore salmastro, e la temperatura non è affatto più mite. Raccolgono qualche oggetto da una nave abbandonata e continuano il viaggio verso sud, verso una salvezza possibile...


Se volete sapere cosa vuol dire angoscia, allora dovete leggere questo libro.
Ma andiamo con ordine!
Il romanzo di cui vi parlo oggi è La strada di Cormac McCarthy, premio Pulitzer nel 2007. È un romanzo post apocalittico, sebbene non si capisca esattamente cosa sia successo: tutte le informazioni che ci vengono date sono fornite nel racconto, ma non avviene mai una spiegazione vera e propria, chiara e nitida.
La mancanza di uno spiegone secondo me è la fortuna di questo libro, perché somma all’angoscia della situazione attuale quella del passato e del futuro.
Tutto ciò che scopriamo, tutto ciò che vediamo e che capiamo non basta, ma è perfettamente giusto: viene subito quindi messo in chiaro che il punto focale non è il sapere, ma la sopravvivenza.
E la sopravvivenza in questo mondo devastato non è certo una cosa da poco, perché oltre ai pericoli derivati da un olocausto nucleare, c’è il fatto che non tutta la popolazione rimasta pensa solo a salvarsi.
Ci sono bande pericolose che girano per strada e, sebbene non venga mai detto esplicitamente quali sono gli orrori che sono in grado di procurare a chi finisce nelle loro mani, intuirlo è molto facile e contribuisce a rimarcare il clima di terrore che il libro fornisce.
Mi sono sentita letteralmente svuotata quando ho terminato la lettura, eppure ne ero stranamente attratta, come quando si osserva un disastro naturale e non si riesce a distogliere lo sguardo.
Essendo ansiosa di natura, non è stato facile arrivare in fondo, nonostante la brevità del libro. Eppure, è un romanzo che consiglio, perché a modo suo mi ha dato tantissimo, mi ha emozionato, fatto patire e arrabbiare mentre lo leggevo, e mi ha lasciato qualcosa una volta concluso.
Forse il desiderio di cambiare, fare in modo che il mondo non si riduca così. Oppure il rifiuto di comportarmi in un certo modo, se mai dovessi trovarmi in una situazione simile.
Come ho già detto, nonostante non sia un romanzo facile da leggere, è un romanzo che dà tantissimo ai suoi lettori.
Se l’avete letto, fatemi sapere la vostra opinione con un commento qui sotto.

Buona lettura e ci vediamo alla prossima recensione.


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