Donne nel vento (Hanna Waybridge vol. 1) di Anne Coates (Anteprima)


Trama:
Hannah Weybridge, giornalista e madre single, deve scrivere per conto di un quotidiano nazionale un articolo investigativo sul quartiere a luci rosse di King’s Cross.
Lì incontrerà Princess, una prostituta, e l’ispettore di polizia della buoncostume Tom Jordan.
Quando più tardi Princess si presenterà alla sua porta massacrata di botte tanto da essere appena riconoscibile, Hannah dovrà prendere alcune decisioni importanti, trovandosi sempre più coinvolta in un modo di inganni e violenza. Tre prostitute sono state uccise, gli omicidi insabbiati dal silenzio stampa e la sua stessa vita è ora in pericolo.
Hannah si renderà conto che il gusto per la trasgressione colpisce anche i più alti ranghi dell’élite del paese e che dovrà fare del suo meglio per scoprire la verità... e restare viva.

Link acquisto: Donne nel vento


***

  
Vi sono mancata?
Ma non vi libererete di me, non tanto facilmente, anche se con molta più calma continuerò a recensire. Man mano mi sto mettendo in paro con le letture arretrate, che poi il libro di cui vi parlerò oggi non è decisamente una lettura lasciata indietro, ma un’anteprima a cui ho dato la precedenza.
La collana Redrum della Triskell edizioni ha un po’ la priorità sulle altre: mi piacciono i thriller e anche gli horror e ho scoperto in questa collana un’autrice bravissima, parlo di Linda Ladd, pertanto quando ho visto che portavano in Italia un’altra autrice che non conoscevo mi sono detta che volevo assolutamente leggere questo libro, che tra l’altro è anche il primo di una serie.
Oggi quindi vi parlerò di Donne nel vento di Anne Coates.
Non conoscevo questa autrice, ma come ho detto in molte recensioni non posso conoscere tutti gli autori in circolazione, soprattutto se poi non sono tradotti in italiano. Anne Coates scrive prevalentemente thriller polizieschi e saggistica, leggendo un po’ di lei sul suo sito internet, che potete trovare qui, ho come l’impressione che il personaggio di Hanna Waybridge sia molto autobiografico, la protagonista di questa storia sembra ripercorrere alcune vicende della vita dell’autrice stessa, o almeno è l’impressione che ho avuto.

Ora passiamo alla recensione vera e propria; di libri ambientati in epoche differenti ne ho letti, eppure leggere di un’estate del 1993 è stato veramente strano. Alcuni romanzi ambientati nel passato parlano di periodi in cui non era nemmeno nata, in altri ero adolescente, in questo caso invece ho ripensato a quell’estate e ho pensato che è stata strana, particolare; è anche l’estate in cui è nata mia sorella. Insomma, leggevo un romanzo ambientato a Londra quasi trent’anni fa e io cercavo di paragonarlo alla mia infanzia, al periodo in cui ero solo una ragazzina e mi divertivo, giocavo e da lì a poche settimane sarebbe nata mia sorella. Più andavo avanti con la lettura con la descrizione delle vite delle donne di cui si parla nel romanzo, più avvertivo il loro dolore, le loro difficoltà: a partire dalla protagonista, Hanna, che dal momento in cui le è nata la bambina si ritrova sola; anche gli amici, le persone che la conoscevano sono svaniti all’improvviso, come se l’arrivo di un bambino cambiasse una persona, come se cambiasse il modo di rapportarsi con lei. Ma quello che mi ha toccato di più, che mi ha fatto riflettere è la storia di Princess, Caroline, molto giovane: se tornassi indietro nel tempo, avrebbe pochi anni più di me. Eppure la sua vita, da quando era molto piccola, è stata un susseguirsi di solitudine e violenza. Anche nei luoghi dove avrebbero dovuto proteggerla le hanno fatto del male. Sua madre per prima non le ha creduto, il suo patrigno l’ha violentata quando era ancora una bambina, perché a quattordici anni, anche se iniziano a vedersi le prime forme, si è delle bambine.
E così, ecco che abbiamo davanti una storia, un thriller molto particolare, perché più che un thriller sembra un lungo romanzo introspettivo, dove i pensieri e i comportamenti dei vari personaggi la fanno da padrone. Una storia dove tutti hanno dei segreti, ma soprattutto dove qualsiasi personaggio appare non è mai propriamente buono. La stessa Hanna, pur non essendo un personaggio negativo, ha le sue luci e le sue ombre, ma soprattutto attacchi egoistici. La pietà che prova per Princess quando l'intervista, conoscere la sua storia triste e quello che le è accaduto, svaniscono dal momento in cui se la ritrova a casa. Sì, le dispiace per la ragazza, eppure sente invasi i suoi spazi, in alcuni momenti non la vorrebbe vicino a sua figlia, inconsciamente non si fida di lei, ma allo stesso tempo continua a provare pietà per quella ragazza e le si affeziona. Il comportamento di Hanna nel romanzo è molto ambiguo; come ho detto vorrebbe aiutare Princess, ma non a casa sua. Vorrebbe mandarla lontano per salvarla, sì, ma anche per non averla intorno.




Come ho accennato, ho trovato Donne nel vento un romanzo molto particolare, una sorta di descrizione decadente di alcune zone di Londra, un salto nel tempo di quasi trent’anni per mentalità e comportamenti. Ma soprattutto una descrizione di come in tutte le città del mondo c’è chi si comporta pensando che i soldi possano permettergli di comprare gli altri, che avendo a loro detta uno status sociale superiore si possano permettere ogni cosa, persino di comprare delle prostitute, picchiarle, ucciderle e scaricarle in strada come nulla fosse. Come se fossero oggetti rotti e di poco valore, non persone, ma cose di poco conto.
Il modo in cui è scritto il libro mi ha colpito sin dalle prime pagine, non riuscivo a capire cosa vi trovassi di strano e particolare, non inizialmente. Perché, pur essendo la protagonista una giornalista, non è detto che il modo in cui è scritto debba essere quello di un articolo di giornale. Infatti non è propriamente così, è una sorta di via di mezzo tra lo stile di un romanzo e l’articolo di giornale. Le frasi, le descrizioni sono brevi, arrivano diritte al lettore sia nel bene che nel male. La parte più articolata, più descrittiva sono i pensieri e l’introspezione dei vari personaggi, ed ecco che così è nato un romanzo particolare. Una storia a cui ci ho messo un po’ ad appassionarmi, proprio perché dovevo abituarmi a questo stile decisamente diretto.

L’intera storia si delinea in maniera particolare, come le indagini di una giornalista, andando a finire in molti casi in vicoli ciechi che sembrano non portare a nulla, eppure allo stesso tempo l’ho trovata una storia complessa e differente dalle altre. Nelle righe e nelle parole di Anne Coates c’è disperazione, c’è paura, c’è solitudine. In questo romanzo parla degli ultimi, di coloro che sono abbandonati a se stessi, di coloro che sono sfruttati e dimenticati. Parla di zone di Londra non conosciute, quei quartieri che i turisti nemmeno vedono, che non si conoscono e dove le persone combattono ogni giorno per sopravvivere ed andare avanti.




Forse il finale mi ha un po’ deluso, non so, sono abituata a storie più all’americana, omicidi particolari, assassini che si muovono nell’ombra e questo romanzo nella sua semplicità mi ha fatto tentennare e forse mi ha messo anche più paura, perché ha dato ampia dimostrazione che per essere un mostro, per essere spaventoso, non bisogna essere un serial killer, basta essere solo ricco e annoiato, basta essere una persona normale. 
In alcuni casi il romanzo mi è sembrato l’inizio di una storia più lunga, più complessa, come se ci fosse altro nei prossimi romanzi. Già, perché è il primo di una serie, ed anche se il prossimo parla d’altro ho come l’impressione che volesse essere introduttivo, presentarci la protagonista, il suo modo di pensare e di lavorare.
Chissà se nel prossimo libro ci sarà anche il commissario Tom Jordan?
Tirando le somme è stata una lettura che ho iniziato zoppicando, ma che già dal terzo capitolo mi ha conquistata.

Per me sono quattro piume.


Commenti

  1. Questo titolo mi aveva incuriosita, però mi sa che passo. Bella recensione!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Come mai non lo vuoi leggere?
      È stata una strana lettura, però mi è piaciuto.

      Elimina

Posta un commento