La danza del negromante (The Beacon Hill Sorcerer Vol. 1) di S.J. Holmes


Trama:
In un mondo dove la magia è reale e il male cammina in mezzo all'umanità, un giovane stregone è assalito dai propri nemici, sia vecchi che nuovi.

Angelus Salvatore è l'unico negromante in tutta Boston, e il suo nome viene sussurrato con timore dai non-morti e dagli altri stregoni. Lui e suo fratello Isaac sono i soli sopravvissuti all’attacco di un esercito di non-morti, durante il quale Angel ha usato un incantesimo così potente da farlo entrare nella storia. Ora, anni più tardi, Angel fatica a far combaciare la sua carriera come insegnante dell’arte magica, il suo ruolo di fratello maggiore, e una fragile relazione con un vampiro Anziano del Clan locale. Quando il ragazzo di suo fratello viene usato come pedina in un misterioso piano per farlo uscire allo scoperto, Angel viene trascinato di nuovo nelle vecchie ostilità che avevano alimentato le Guerre del Sangue e portato alla morte la sua famiglia.

Chiedere aiuto ad altri è qualcosa che Angel non può fare, e mentre è alla ricerca di indizi su chi sta minacciando lui e suo fratello, si ritrova con il cuore sempre più occupato da Simeon, un vampiro Anziano. 

Riuscirà Angel a scoprire chi lo vuole morto e, nel frattempo, a mantenere i propri sentimenti al sicuro? Come può innamorarsi di un vampiro, quando la sua intera famiglia è stata distrutta da un esercito di quei non-morti?


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Il libro che ho letto per il Blog, La danza del Negromante,  è la prima incursione nel fantasy dell’autrice SJ Himes. Non ho letto altro di suo, quindi non ho pietre di paragone per lo stile, ma devo dire che, tutto sommato, la storia si svolge in modo lineare, praticamente senza sorprese, un romance dai tratti urban fantasy e soprannaturali senza infamia e senza lode.
Andando avanti con la recensione, se vorrete leggerla, troverete degli spoiler. Cerco di evitare di rovinare un’eventuale lettura, ma per poter spiegare certe cose che un po’ non mi hanno soddisfatto qualche accenno, che cercherò di tenere il più vago possibile, a determinate situazioni ne trovate.
Il protagonista è un negromante, Angelus Salvatore, detto Angel, con alle spalle un tragico passato e una famiglia devastata di cui gli unici superstiti sono lui e il fratello.

La storia inizia in media res, con il protagonista chiamato al quartier generale dei vampiri della città, quartier generale che non ha un nome che non sia appunto “quartier generale”, perché il nome vero e proprio del posto, testuali parole, nessuno si prendeva la briga di ricordarlo. Ammetto che un po’ questa cosa mi ha lasciato perplessa, ma continuiamo. Dopo questa apertura in media res scopriamo il potere di Angel sui morti, la sua collaborazione con i vampiri e iniziamo a scoprire il suo passato. Ma la lunga notte del negromante non termina qua; riaccompagnato a casa da uno degli Anziani dei vampiri, Simeon, iniziamo a capire come ci sia una certa tensione tra i due e iniziano i guai.

La storia si snoda in modo abbastanza prevedibile, la romance tra Angel e Simeon che prosegue parallelamente alla trama che regge il libro, senza veri colpi di scena o eventi a parere mio capaci di sorprenderti davvero.
Il protagonista, Angel, è come tutto il libro senza infamia e senza lode: apprezzabile, intelligente, deciso e di carattere, ben delineato, ma non ha avuto nulla in grado di farmelo amare. Avete presente quei personaggi che diventano i vostri precius, i vostri piccoli e amati precius? Ecco, nulla del genere per lui in quel libro, secondo me.

Specifico che non sto assolutamente dicendo che sia un personaggio fatto male, ha il suo senso, è assolutamente coerente, ben costruito, ma perché abbia quel qualcosa in più che lo fa rimanere nel cuore gli manca quel qualcosa di unico, speciale, che lo fa innalzare dalla massa.





Il vampiro Simeon, l’altro personaggio di spicco del libro, il coprotagonista alla fine, è descritto come un uomo sensibile, forte e fiero, un guerriero che, potendo prendere in prestito una definizione da un altro libro definirei “un guerriero con l’anima di un poeta”.

Non che scriva sonetti, sia chiaro! Ma dimostra più volte una dolcezza e delicatezza che in un uomo di svariate centinaia d’anni è decisamente tenera.
Anche lui è senza infamia e senza lode, fa il suo lavoro egregiamente, diciamo, ma anche lui senza note che lo facciano spiccare. Luogotenente fedele del capo dei vampiri locali, è chiamato “il Celta” perché di origini Irlandesi.
Su questa cosa faccio un piccolo appunto personale; c’è un dettaglio che, ammetto, mi ha irritato assai. Amo l’Irlanda e la sua storia, il celtismo, e nel libro ci sono parole in gaelico, lingua ufficiale dell’irlanda assieme all’inglese, e che nelle note iniziali è definita “irlandese maccheronico”.
No.
Una lingua con una simile storia, un simile passato, un popolo che ha lottato strenuamente per affermarsi e affermare la propria indipendenza, libertà, le proprie origini mantenendo la propria lingua e devo leggere “irlandese maccheronico”, oltre a vedere le parole scritte male quando basta googlare per trovare accenti e diciture corrette. Questa la considero una mancanza di attenzione al proprio libro da parte dell’autrice che mi ha irritato molto, ma è un’osservazione assolutamente personale che esula dal libro in sé: dovevo proprio togliermi questo sassolino dalla scarpa!
Ma torniamo a Simeon, che grazie alla sua paziente attesa, un po’ come il Piccolo Principe con la Volpe, riesce a instaurare un rapporto con Angel, lo protegge, si spalleggiano, diventano prevedibilmente, come praticamente annunciato dalla prima pagina del libro, amanti.
La loro storia personale, che si intreccia a quella delle indagini è prevedibile, scontata, ma narrata con una certa abilità che la rende scorrevole e piacevole. Le parti più piccanti hanno, a volte, un piccolo difetto, però. Da narrazioni quasi auliche, poetiche, dolci e tenere, che definirei soffuse, si passa alla frase dopo con un “glielo mette nel culo” che mi ha lasciato spiazzata. Non per quello che fa, me lo aspettavo e decisamente ero contenta, ecco, ma l’atmosfera che prima crea, di una certa delicatezza, infranta malissimo da quelle uscite. Che sì, quello fa, ma poteva dirlo in altro modo visto il contorno. Il risultato, per me, è stata una risata, e non credo fosse quello che voleva ottenere l’autrice.
Tirando le somme, storia tutto sommato piacevole, scorrevole, i personaggi pur non emergendo o spiccando particolarmente sono ben costruiti e coerenti. Senza infamia, senza lode, è un libro che fa il suo dovere, intrattenere con piacevolezza, senza pretese eccessive.

Recensione scritta da Nemain


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