Manhunt: Unabomber


Ted Kaczynski, tra il 1978 e il 1995, ha inviato diversi pacchi bomba causando il ferimento e la morte di molte persone. Manhunt ci racconta come l’FBI ha creato il profilo, scoperto i punti deboli e alla fine catturato colui che viene comunemente chiamato Unabomber.

Sono una fan di Criminal Minds dall’alba dei tempi, quindi mi sono fatta un po’ di cultura sui Serial Killer. Non dico che sia un bell’argomento, ma trovo in qualche modo affascinante il processo di profiling.
Anche per questo il nome di Ted Kaczynski non mi era nuovo. Quando sono venuta a conoscenza di questa serie tv, ho subito voluto inserirla tra quelle da vedere. L’ho divorata tutta d’un fiato. Sono solo otto episodi, e il ritmo è talmente alto che faticherete a non guardarvela tutta di fila.
Il protagonista è James “Fitz” Fitzgerald, uno dei profiler che ha maggiormente contribuito ad identificare Unabomber grazie all’analisi del suo Manifesto. È interpretato da Sam Worthington, che mi è piaciuto molto, ma in alcuni casi l’ho trovato un po’ poco espressivo. Non so se era intenzione degli autori renderlo un po’ perso nel suo mondo o se sia colpa della recitazione di Worthington, tuttavia la sua interpretazione nel complesso non è stata malvagia.
Superba invece è stata quella di Paul Bettany, che interpreta proprio Kaczynski. Il modo in cui parla e si muove fa venire i brividi. Ti fa dimenticare letteralmente che quello che si ha davanti in realtà è un attore e non il vero serial killer.




Bettany è un attore che mi è sempre piaciuto, e qui dà un’ulteriore prova delle sue grandi qualità recitative, presentandoci un personaggio assolutamente simile a quello reale.
Nel cast abbiamo anche Jeremy Bobb, Keisha Castle-Hughes, Lynn Collins, Brian F. O’Byrne, Elizabeth Reaser, Ben Weber, Mark Duplass e Chris Noth. 
Quel che mi è piaciuto della serie è che dal primo momento non sfrutta l’elemento sorpresa: la storia di Unabomber è abbastanza conosciuta, molti sanno chi è, sanno il suo nome.
Basare la sceneggiatura su una sorpresa finale circa la rivelazione del serial killer sarebbe stata una scelta poco saggia, quando gli elementi sono così famosi.




Per questo, gli autori hanno deciso di altalenare momenti ambientati dopo la cattura di Unabomber a scene in cui si sta ancora costruendo il suo profilo, senza avere bene in mente le prossime mosse per cercare il serial killer. Questo continuo oscillare tra presente e passato tiene lo spettatore in sospeso, a chiedersi chi o cosa abbia scatenato gli eventi che hanno portato a ciò che sta vedendo, desiderando di andare avanti per scoprire il più possibile.
Fin dal primo episodio sappiamo chi è il killer, ma quello che ci preme sapere è come l’FBI sia riuscita a catturarlo. È questo il vero punto focale della serie, quello su cui tutto ruota.



Consiglio fortemente questa serie tv, ma se state cercando un tipico poliziesco, questo non fa per voi. Se invece siete affascinati dal profiling, dalle tecniche investigative e da come siano state sviluppate, questa è certamente la serie che fa per voi.


Manhunt: Unabomber ha una votazione del 92% su Rotten Tomatoes, sia di critica che di pubblico, confermando il grande valore di questa serie tv.
La serie è andata in onda in America su Discovery Channel, in Italia è disponibile su Netflix.



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