La Paura di Anne Holt



Riappare per tediarvi con una nuova recensione e le sue mirabolanti avventure, soprattutto su come è arrivata a leggere questo libro. Già, perché io non sono una persona normale che arriva a un libro tramite la libreria, leggendo la trama e venendo attirata dalle copertine come tutte le persone normali, o almeno una parte di questo mondo. Io scopro i libri tramite vie traverse: alla ricerca di un determinato argomento poi mi ritrovo a leggere un thriller di un’autrice norvegese di cui non avevo mai sentito parlare. Eh già, altra cosa che probabilmente vi scioccherà è che di alcuni autori so pochissimo, ascolto recensioni su youtube, ne leggo su vari blog e mi ritrovo a sentir parlare di persone che a loro detta sono famosissime: esponenti della letteratura americana, di tale corrente letteraria, dei gialli scandinavi. Autrici e autori famosissimi che hanno scritto capolavori a detta di molte persone, e io cado dal pero e, seppur di libri ne ho letti e anche parecchi durante la vita, sono sempre andata a intuito, ispirazione, evitando le mode del momento e probabilmente cancellando i nomi degli autori in circolazione. Già, perché anche nella lettura sembra ci siano delle mode, cose da leggere in un determinato periodo. Questo per dirvi che Anne Holt sembra essere famosissima sia in patria che non, e io non avevo idea di chi fosse fino a dieci giorni fa, quando dopo una sorta di rivoluzione a casa, mio fratello e mia sorella mi hanno proibito di chiudermi con il canale dove passano a ripetizione la signora in giallo: Jessica Fletcher, per chi non la conoscesse. Alle due di notte di un grigio sabato mi hanno fatto: “o trovi qualcos'altro da vedere o ti sequestriamo il telecomando”. Così, nella mia ricerca su non so quanti canali, ho trovato un altro telefilm, Modus, che non è il nome di un macchina, giuro. E questo telefilm di cui ho visto mezza puntata mi ha incuriosito tanto che il giorno dopo mi sono comprata l’ebook del libro dal quale era ispirato.
Ho anche scoperto che di libri la Holt ne ha scritti parecchi, soprattutto con gli stessi personaggi di questo, che è l’ultimo in ordine cronologico della serie con protagonisti Johanne Vik e Yngvar Stubø.
Va bene, ma Anne Holt chi è? Quando scopro un nuovo autore sono sempre curiosa di sapere qualcosa di più su di lui o lei, anche se in alcuni casi è un vero incubo, trovo solo notizie in inglese o nella lingua madre dell’autrice e in questo caso il norvegese: ho difficoltà con l’inglese, non parliamo di una lingua dove sembrano non avere le vocali, pertanto per me è impronunciabile. Quello che ho trovato ovviamente viene da Wikipedia, in cui dice che la suddetta donna è laureata in legge all’università di Bergen, ha lavorato per due anni nella polizia di Oslo per poi diventare avvocato ed è stata ministro della giustizia norvegese dal 1996 al 1997.
Ha lavorato anche per la televisione e come giornalista per poi approdare alla scrittura e ai thriller.
L’Einaudi ha pubblicato molti dei suoi lavori ed io in questa recensione vi parlerò di:


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La Paura
di Anne Holt


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     Trama:
Mentre la neve scende su Oslo l'ultima domenica di Avvento, una serie di omicidi spezza l'incanto del Natale. E catapulta in prima linea due veterani del corpo di polizia, la profiler Johanne Vik e suo marito, il commissario Yngvar Stube. Il primo a essere ritrovato è il cadavere di un giovane rifugiato, ormai irriconoscibile, che galleggia nelle acque gelide della baia. Nessuno si era preso la briga di denunciarne la scomparsa, nessuno si presenta a reclamarne il corpo. Una settimana più tardi, Eva Karin Lysgaard, vescovo di Bergen, viene accoltellata a morte per strada. Eva era una figura pubblica, molto stimata, strano che fosse in giro da sola la vigilia di Natale. Infine un tossicodipendente, trovato morto di overdose in uno scantinato. Una serie di avvenimenti in apparenza scollegati tra loro, ma che pazientemente Johanne e Vik cominciano a mettere in relazione. Da questo romanzo, la serie tv Modus.




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La Norvegia per me è un luogo misterioso, uno di quei paesi da scoprire e che la maggior parte delle persone associano al freddo e ai fiordi. Per il resto conosco il nome della capitale, Oslo, e basta. La mia immaginazione vaga a pensare a queste terre così lontane e, da quanto ho letto in questo libro, con una cultura differente a partire dal modo di porsi con gli altri. A inizio libro, fra le note, c’è scritto che hanno lasciato la traduzione più fedele all'originale e pertanto hanno lasciato i discorsi diretti come in norvegese, ovvero tutti si danno del tu. Leggendo fra le note ho pensato che non fosse un problema, cioè non è un problema, cosa potrà mai essere, perché dirlo? E per le prime venti pagine non ce ne sono stati. Le persone che sono apparse si conoscevano, facevano parte della stessa famiglia, quindi è normale che si dessero del tu. Poi arriva la parte strana, quando dei poliziotti hanno avvertito della morte della moglie, assassinata, un marito. Un uomo non più giovane che apparteneva anche a una classe sociale abbastanza elevata, ed ecco qui, che tutti si danno del tu, anche in una situazione tragica.
Praticamente in Norvegia non si danno mai del lei, lo fanno raramente con persone di una certa età, particolarmente vecchie, oppure con qualcuno che gli è particolarmente antipatico e con il quale non vogliono avere nessun tipo di rapporto, solo lo stretto necessario e perché sono costretti.
E così, l’immagine di questo luogo freddo, con persone distaccate è crollata miseramente, formando nella mia mente un luogo con persone non troppo espansive ma che sono sempre allegre e cordiali fra di  loro. Parlando seriamente, anche andando avanti con il libro fa veramente uno strano effetto non trovare il lei, man mano ci si abitua, ma soffermandosi su alcuni discorsi, su alcune parti rimane sempre un pochino di perplessità, o almeno è quello che è capitato a me.
Sicuramente la recensione non si baserà su come si pongono le persone in Norvegia fra di loro, ma volevo avvertire per chi iniziasse il libro, non è uno sbaglio nella traduzione.

Ho letto tantissimi thriller, di autori differenti e ambientati in ogni parte del mondo, eppure quando affronto un autore scandinavo le aspettative sono sempre altissime per motivi differenti, che sia l’ambientazione, la trama o lo stile, penso sempre che mi faranno immergere in un mondo cupo, gelido e del tutto differente a quello cui sono abituata.



Prima di continuare con la recensione voglio fare una piccola parentesi. Piccola piccola, lo giuro. Tempo fa in un’altra recensione mi sono domandata come mai molti libri in cui ci sono personaggi omosessuali vengono inseriti in determinate collane di libri, anche se poi variano le trame passando da un giallo a un romance senza alcun filo logico? Molte volte ci sono proprio case editrici specializzate in letteratura m/m, ma anche qui non è detto che debba solo essere letteratura erotica o storie d’amore, eppure questi libri vengono etichettati, come fossero una sotto categoria. Questa volta mi sono imbattuta in un romanzo molto particolare, non tutti i personaggi della storia sono gay, però affronta un argomento interessante, un argomento attuale che coinvolge ogni giorno il mondo intero: i crimini d’odio. Parlare di crimine d’odio è molto generico, lo comprendo, possono essercene per qualsiasi discriminazione, ma in questo caso il libro ruota attorno proprio all'omosessualità.
Non entrerò in merito a quanto accade, farei veramente troppo spoiler, mi limiterò a dire quanto in un unico libro si affrontano diversi argomenti riguardo all'odio, soprattutto cercando di capire e risolvere diversi omicidi di persone che apparentemente non hanno nulla in comune.
Altra cosa che mi è piaciuta è come è stata sfatata l’illusione che nel Nord Europa, nei paesi Scandinavi, siano tutti di mentalità talmente aperta da accettare le coppie gay e vivono tutti felici e contenti. Non è così, come in ogni luogo di questo mondo ci sono razzisti, omofobi e persone talmente chiuse di mentalità da non accettarli. Pur essendo un paese più aperto di vedute rispetto al resto del mondo, dove le unioni civili fra persone dello stesso sesso sono state legalizzate nel luglio del 1993 e il matrimonio il primo gennaio del 2009, entrambi molto prima rispetto a molti paesi del mondo. Eppure non tutti continuano a essere favorevoli e nel libro lo descrive in piccole conversazioni, negli atteggiamenti che alcuni personaggi hanno verso coloro che si dichiarano gay. 
L’unica differenza che si nota, almeno nel romanzo, è che nessuno sembra nascondere il proprio orientamento sessuale, vivono la loro sessualità con disinvoltura incuranti di cosa possano pensare gli altri.






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Mi scuso, ogni volta le mie recensioni prendono altre strade, parlo di tutto ma non del libro in questione e vi tedio a morte; di tanto in tanto mi chiedo se mai qualcuno le legga fino alla fine xD.
Comunque, ora passo veramente a parlarvi del libro, ma tutto il resto serviva veramente per spiegare quanto nel suo stile semplice questo thriller sia complesso. Complesso nella trama, ma soprattutto per gli argomenti che tratta, alcune parti, soprattutto dove compare un ragazzino di nemmeno quindici anni, mi hanno fatto piangere come una fontana.
Lo stile di scrittura, o meglio la traduzione, è lineare, molto scorrevole, si legge bene e si riesce ad osservare il tutto attraverso il punto di vista dei vari personaggi; ho amato in particolar modo anche il modo in cui è impostato l'intero romanzo. Ogni capitolo, ogni flusso di pensieri o avvenimenti si interrompe per poi essere collegato tramite la stessa parola ai pensieri e al punto di vista di un altro personaggio. All'improvviso cambia ambientazione, cambia persona e sembra che venga portata avanti un'altra storia. L'intero libro sembra viaggiare su tanti binari paralleli, fino a un certo punto sembra che quanto stia accadendo non abbia un senso, o meglio che nulla sia collegato. Non è così, tutto è collegato ma il lettore riesce a scoprire cosa accomuna i vari personaggi oltre metà libro. Per me, dopo quasi duecento pagine è bastato un semplice discorso per avere una sorta di illuminazione. Poche parole e tutto è divenuto chiaro, lineare: i personaggi, le vittime avevano un collegamento, c'è un perché sono state uccise, e man mano si comprende anche chi sia l'assassino, quale sia la sua linea di pensiero, il motivo di questi omicidi.
Sono rimasta incollata al romanzo per ore; la sera facevo fatica a riporre l'e-reader, volevo assolutamente scoprire come andava avanti, come sarebbe finito e soprattutto volevo leggere di più sui personaggi di questo splendido libro.

Questo libro ha molti punti forti, partendo dai personaggi, che raccontano la loro storia, facendo intrecciare e portando avanti il romanzo, ma facendo capire al lettore che non tutti loro, quelle potenziali vittime sono sempre delle brave persone. Ma quello che mi ha incantato più di ogni altra cosa è l'atmosfera che si percepisce di queste gelide città del nord, il comportamento delle persone, perfino il modo di indagare è differente rispetto a un libro ambientato a New York e quel tu, quella disinvoltura con cui si parlano dà uno strano senso di familiarità fra i personaggi, fra le persone. Fanno tutto molto con calma, senza fretta, un passo alla volta. Non ci sono sparatorie, inseguimenti o altro; ora non ho idea se sia così realmente o meno, ma da questo libro risultano tutti molto educati con tutti. Quella norvegese, all'apparenza, sembra essere una società molto più liberale rispetto alla nostra e a quella di molti altri paesi; sembrano essere molto più aperti mentalmente, ovviamente come ho scritto sopra non è tutto rose e fiori, hanno problemi anche loro, ci sono razzisti e omofobi anche lì, persone che odiano gli omosessuali, tutti coloro che sono differenti e non accettano che questi possano avere delle famiglie come gli altri, al fatto che si sposino e adottino dei bambini, 

Eppure, al tempo stesso, sarà l'inverno e la neve che sembra bloccare ogni cosa, il senso di calma con cui procedono le indagini mi ha veramente stupito. E poi ci sono i pensieri e le riflessioni di quella che è la vera protagonista della storia, tramite i suoi studi, le sue riflessioni e anche tramite l'ansia per la figlia più grande, una dolcissima bambina che si può considerare differente, non autistica, ma differente.
Johanne Vik e Yngvar Stubø, marito e moglie, lui poliziotto e lei criminologa, sposati, sembrano completarsi a vicenda. Lui è il braccio e lei la mente.
Mentre lui gira per il paese per le sue indagini e per raccogliere indizi, lei in questo libro riflette, studia, porta avanti una relazione per il dipartimento di polizia e al tempo stesso, tramite le sue intuizioni, collega tutti gli elementi di questa storia, di quegli omicidi che sembrano non avere nessuno tipo di collegamento; un paio non sono stati presi nemmeno in considerazione, non sono stati messi al primo posto, dopotutto perché interessarsi dell'omicidio di un tossicodipendente o di un giovane immigrato che si prostituisce?
Per alcuni attimi, soprattutto per tutta la prima metà del libro mi sono domandata quando iniziassero le indagini vere e proprie, quando lei si sarebbe comportata da criminologa; lo so, guardo troppo Criminal Minds, volevo interrogatori, un profilo, lei che entrava nella mente di un sospetto. Non è affatto andata così, Johanne ha analizzato gli avvenimenti, quanto accadeva, oltre che le persone, anche le vittime. Ha studiato quanto dicevano i giornali, ha seguito le sue sensazioni e alla fine è giunta alla conclusione più logica, eppure anche a quella che al momento sembrerebbe la più assurda. Non tanto perché si parla di crimini di odio, ma per chi li sta commettendo.

Consiglio assolutamente questo libro, per vari motivi, soprattutto per gli argomenti trattati e come sono stati trattati, ma anche perché permette al lettore di immergersi e di poter vedere per un centinaio di pagine un mondo totalmente estraneo a quello a cui siamo abituati. Il modo di porsi, il modo di pensare, persino quello di indagare. Non è una società perfetta, l'utopia non esiste, eppure questo libro riesce a estraniare il lettore, lo trasporta altrove, a Oslo, a Bergen, per le strade della gelida Norvegia.
Lo consiglio per il suo stile, per il modo in cui è impostato e per come l'autrice riesce a far immergere il lettore non tanto negli avvenimenti, ma quanto nella psicologia dei personaggi, riesce a far provare le stesse emozioni degli uomini e delle donne che appaiono nel libro, le loro preoccupazioni e la loro stessa ansia. A mio parere lo si potrebbe considerare più un thriller psicologico piuttosto che un giallo. Adoro quando le paure dei personaggi riescono a filtrare attraverso le pagine di un libro fino ad arrivare al lettore e penso che, quando avrò tempo e la pila delle mie letture arretrate sarà diminuita un po', recupererò i libri di questa bravissima autrice, voglio sapere di più su Johanne e Yngvar.


















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