Amor Eretico: In vita omnis finis novum principium est Di Cathlin B

Oggi il blog proporrà una recensione di una collaboratrice esterna, Missy. Lei ha letto questo libro e mi ha chiesto se poteva parlarne un po' sul nostro blog e le ho detto che non c'erano problemi. Leggendo la recensione scoprirete cosa pensa del libro in questione.



Amor Eretico: In vita omnis finis novum principium est
Di Cathlin B





Trama:

Anno Domini 1037.
Un giovane monaco in viaggio verso Roma. Un cavaliere sulla via per Vercelli, sua città natale. Il loro incontro sembra voluto dal destino, ma c'è qualcuno che li osserva ed è pronto per giudicarli. Sulle Alpi dell'XI secolo qualcosa sta nascendo, qualcosa di proibito. Quando essere scoperti vuol dire rischiare tutto, come può un amore eretico sopravvivere?


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Oggi vi parlerò di un libro che ho appena terminato di leggere e per il quale forse avevo tante aspettative, la trama, il periodo storico e l’ambientazione mi avevano incuriosito. La storia di Amor Eretico si svolge lungo un tratto della via Francigena, toccando Aosta e le zone circostanti in quello che, dal mio punto di vista, sarebbe potuto veramente essere un ottimo romanzo. Ci sono punti che mi sono piaciuti, altri che invece avrei approfondito di più. Cercherò di parlare del libro senza fare troppi spoiler, ma qua e là ce ne saranno per forza.
Eviterò il più possibile di mettere dei particolari per non rovinare un'eventuale lettura; purtroppo, come già detto, qualcosa sarà però inevitabile.
Inizio con il plauso all'ottima accuratezza storica, ma questo non basta per rendere un libro davvero avvincente e interessante, soprattutto se i mille spunti vengono giusto accennati e poi lasciati perdere. L'ambientazione così ben studiata, dal poco che ne emerge almeno, è solo il sostegno, decisamente poco presente, della storia tra i due protagonisti. Ogni spunto davvero interessante per la trama viene concentrato in pochi flash back che sì, spiegano, ma lasciano anche molto il tempo che trovano, e in questa recensione vi spiegherò il perché secondo me.
Tutto inizia con il monaco protagonista, Dunstan, che nell'anno 1037  fa il pellegrinaggio di punizione, da Canterbury a Roma, perché accusato e trovato colpevole di sodomia, atto per cui era già finito nei guai.
Dovete sapere che Dunstan è l'ultimo figlio di un nobile, di un conte. È un diciassettenne bellissimo, biondo e angelico d'aspetto, che in un flash back viene descritto come altezzoso e superbo, protetto dal suo rango e poco incline all'ubbidienza. In quanto figlio di nobile viene addestrato all'uso della spada per seguire il padre in battaglia, ma la madre, lady Emma, apparentemente dopo il lutto per uno dei figli, si lega particolarmente a Dunstan e decide che dovrà avere anche una cultura. Solo che Dunstan trova l'amore con un cavaliere, scoppia lo scandalo, messo a tacere dal padre che lo prende per un orecchio e lo porta a Canterbury, pagando profumatamente perché si tengano quel figlio e ci pensino loro.
Si accenna al fatto che la vita lì e i rigori monacali lo piegano, come, però, il modo in cui un simile carattere venga “corretto”, non ci è dato sapere. Il passaggio da nobile altezzoso, superbo, che non segue le regole a monaco ubbidiente e simile a un panino al latte spalmato di nutella non è altro che una riga.
Fatto sta che sulla via del pellegrinaggio, accompagnato da un vecchio irlandese pio fino al fanatismo e cattivo come il veleno, che una riga sì, e l'altra anche, non fa che ripetere che Dunstan è un demonio tentatore, un abominio, e via dicendo, incontrano un mercante lombardo. Questo mercante, tale Vittore, grazie ai contatti commerciali in Anglia conosce la lingua e così chiacchierano e iniziano a interagire.
Il libro si concentra unicamente su loro due, lasciando ogni altra cosa nebulosa, accennata o poco più, ogni altro personaggio è appena descritto, a parte il pellegrino: un antagonista, che comunque non è poi così delineato, ci voleva.
I segreti del passato di Dunstan sono giusto accennati nei flash back, incluso un segreto sulla sua vera origine che, onestamente, credevo l'avrebbe lasciato un po' più sconvolto o, quanto meno, era un bel modo di farsi valere e ottenere quello che voleva dall'Abate, ma non accade nulla di ciò.

Come dicevo prima, Dunstan ha alle spalle una storia estremamente interessante, un passato che, raccontato per esteso, magari partendo dal giorno del suo arrivo a Canterbury o ancora da prima, avrebbe arricchito immensamente la trama, dando una forza narrativa che ho personalmente trovato mancare.
Il giovane monaco, pur essendo il protagonista, risulta, ai mie occhi, piatto. Risalta poco, è abbastanza passivo nei suoi gesti, lo trovo indeciso. Prende atto di decisioni prese al posto suo senza fare molto per discuterle, accettandole, cosa che trovo contrastare con quelle parole iniziali sul giovane “ribelle”. Non è mosso da vera fede, eppure accetta la punizione apparentemente con una passività che esula totalmente da quello che ci viene detto del suo vero carattere, non pare mai pensare di seguire la sua strada, di disobbedire spontaneamente, l'unico accenno a un simile pensiero viene seguito da, secondo me, un poco credibile “cosa farei”. È capace di usare una spada, può fare il soldato, è erudito, non ha ogni possibile scelta chiusa davanti a sé. A quanto ci viene detto i monaci lo hanno piegato, non spezzato, perché allora non ha mostrato almeno un po' del suo vero carattere, o quello che ci viene detto esserlo, e non si è liberato del vecchio in qualche modo? Aedan, il vecchio irlandese, è malato e debole, chiaramente basterebbe fargli lo sgambetto e lasciarlo nella neve per essere liberi, o lasciarlo a un ospitale e andarsene, soprattutto in quell'epoca dove eri chi dicevi di essere, alla fine.
Trovo poco chiare le motivazioni di Dunstan, il perché non scappi effettivamente. Forse un certo senso di colpa per il risultato del suo amore eretico? Eppure non sembra farsi grandi problemi, alla fine, nei riguardi di quello che sta nuovamente nascendo nei confronti di Vittore con tutti i rischi che ha già sperimentato. O il ricordo del pastore con cui ha scambiato un bacio al monastero, della punizione del poveretto, ma non pare pesargli come un masso sull'anima.
La forza trasformatrice è Vittore. Ci viene prima presentato come un cavaliere, che soccorre i due e si invaghisce al primo sguardo di Dunstan. Ci prova spudoratamente da subito, è lui che li segue, li protegge, dà le imbeccate al monaco e spesso zittisce il vecchio fanatico. In un mondo, in un tempo, dove la sodomia viene punita con la morte, Vittore prende in mano le redini della situazione e devo dire che mi ha ricordato fin troppo lo stereotipo del principe azzurro che salva la principessa, del seme (parlando di yaoi) bello e aitante che “ci penso io”.
È una situazione stereotipata, lo scambio tra i due è sicuramente dolce e tenero, ma che tutto si basi unicamente su loro  tralasciando le enormi potenzialità di storia, ambientazione e antagonisti è stata, secondo me, una cosa molto triste.
Un romance può anche avere una trama complessa e articolata, che si dipana in direzioni diverse dall'unicità del rapporto tra i due, così facendo, e non limitandosi a paroline sparse tra i flash back, avrebbe scritto un signor romanzo, a mio parere.
Non era certo facile portare Amor Eretico da novella rosa, perché nonostante la bellezza delle note, l'accuratezza della scelta dei nomi con i loro significati, non è andata oltre alla superficiale storia d'amore, a grande romanzo storico d'amore.
Questo ha reso, ai miei occhi, il libro uno “spreco di meraviglioso potenziale”. 
L'autrice scrive bene, è scorrevole, sa dosare bene descrizioni e dialoghi, è molto piacevole da leggere, per nulla pesante e ha un che di poetico che ho gradito molto.
Ho notato spesso che nei romance M/M ci si limita a raccontare, diciamo, lo stretto necessario. Non si esplorano le potenzialità date dalla trama e, in questo caso, è stato un vero, enorme peccato.
Ho anche trovato frettoloso il finale, nonostante i giusti dubbi di Vittore che non si saprà se hanno o meno un vero fondamento, Dunstan accetta la sua decisione senza battere ciglio. Chiederà giusto che fine farà, con un po' di sollievo per l'essere stato liberato dal peso del suo passato dalla morte del vecchio, affidandosi completamente alle rassicurazioni dell'altro, da vera principessa salvata dalla sua torre dal valoroso cavaliere.


Non posso dire che sia un brutto libro, si vede che l'autrice ha dato molta cura alla ricerca storica, cosa che ho molto apprezzato, ma ha, a mio parere, limitato enormemente le potenzialità di una trama che poteva essere ricca, complessa, e andare molto oltre l'amore tra i due, anche tenendolo in assoluto primo piano. Anche i personaggi sono risultati, forse a causa della brevità, quasi completamente degli stereotipi, lasciandomi molti dubbi sul perché delle loro azioni e sui loro effettivi caratteri.



Recensione di Missy

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