Dumbo (Film 2019)



Nel nuovo film Disney live action Dumbo, diretto da Tim Burton, Holt Farrier (Colin Farrell) è una ex star del circo che al ritorno dalla guerra trova la propria vita sconvolta.
Il proprietario del circo Max Medici (Danny DeVito) assume Holt, insieme ai figli Milly (Nico Parker) e Joe (Finley Hobbins), chiedendo loro di occuparsi di un elefantino appena nato le cui orecchie sproporzionate lo rendono lo zimbello di un circo già in difficoltà.
Ma quando i figli di Holt scoprono che Dumbo sa volare, il persuasivo imprenditore V.A. Vandevere (Michael Keaton) e l'affascinante e spettacolare trapezista Colette Marchant (Eva Green) fanno di tutto per trasformare l'insolito elefante in una star. V.A. Vandevere recluta infatti l'elefante per il suo nuovo straordinario circo, Dreamland.
Dumbo vola sempre più in alto insieme a Colette finché Holt scopre che, dietro alla sua facciata scintillante, Dreamland è pieno di oscuri segreti.


Lo ammetto, quando ho visto per la prima volta il trailer di questo film ho seriamente rischiato l'infarto. Dumbo rappresenta infatti uno dei più grandi traumi della mia infanzia (elefantini rosa ne abbiamo?), e scoprire l'esistenza di una versione live-action diretta da Tim Burton mi turbava parecchio, visto e considerato lo humor nero e il gusto per l'orrido che normalmente traspaiono dai suoi film. In realtà con il senno di poi Burton è stata la scelta più corretta: l'elefantino volante è da sempre il freak per eccellenza, l'emarginato che mantiene la sua purezza d'animo nonostante il rifiuto e l'odio del mondo, e nessuno meglio del regista dei freak (da Edward Mani di Forbice al meraviglioso Ed Wood, passando per i due Alice in Wonderland) poteva offrircene una nuova versione.


A livello di trama si rifà veramente poco al cartone del 1941, e per quanto mi riguarda questo è un bene: l'originale non solo era molto corto (durava un'ora e quattro minuti, contro le quasi due ore del remake), ma sarebbe stato anche discretamente difficile da riprodurre, anche con la moderna computer grafica. Inserendo invece una trama legata alle vicende umane e professionali del cast del circo, comunque legati dalle vicissitudini dell'elefantino, il regista è riuscito a renderlo per certi versi più comprensibile, anche se non esente da difetti. Colin Farrell rende bene l'idea del padre spaesato che si ritrova a crescere i figli da solo, anche se l'evoluzione del rapporto con il personaggio interpretato da Eva Green (che ha ormai sostituito Helena Bonham-Carter come Burton Girl preferita) è abbastanza palese e scontato. I figli di Holt, pur essenziali per lo sviluppo della trama, sono anonimi e senza mordente (soprattutto la ragazza: comprendo la scelta di renderla una scienziata e non una circense, ma non capisco perchè debba essere praticamente senza emozioni).

Michael Keaton è affascinante nel ruolo del cattivo anni 20, ma mi chiedo: era veramente necessario un villain in Dumbo?
Forse di tutti il migliore resta Danny DeVito: il suo personaggio è molto simile ai ruoli che lo hanno reso famoso, e in fondo l'attore è già avvezzo ai ruoli mostruosi (il Pinguino di Batman ce lo ricordiamo tutti, vero?)

Spendo due parole sulle scenografie, che ho sinceramente adorato (DreamLand dev'essere il parto dei sogni più proibiti di Burton, ed è meravigliosamente inquietante pur essendo teoricamente un parco dei divertimenti). Buone anche le musiche, ma non c'è da stupirsene: Danny Elfman lavora con il regista da anni, e ormai sa come tirare fuori i pezzi migliori per accompagnare le sue visioni.

Stranamente la scena di cui avevo più paura (sì, ci sono gli elefantini rosa...) è quella che ho trovato più divertente. Spero che anche i bambini moderni la pensino come me. Altrimenti, buon trauma a tutti, e ci rivediamo tra vent'anni!


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