Italia anni Venti:
due parole sul caso bookblogger
Oggi su Piume di Carta si parla
di letteratura: come sempre dopotutto, ma negli ultimi tempi abbiamo recensito
solamente. È da un po’ che non scrivo per Chiacchiere in libertà, non perché
gli argomenti siano terminati, ma per mancanza di tempo, di documentarmi in
giro sugli argomenti di cui vorrei parlarvi e approfondire insieme a chi segue
il blog.
Probabilmente questo di articolo sarà molto più di getto, scritto di pancia, dopo aver osservato quanto
accaduto negli ultimi giorni, dopo aver letto un articolo che non linkerò,
perché già parlarne è troppo, ma dargli ancora più visibilità penso che sia una
pessima idea.
L’articolo in questione è stato
scritto da un uomo che, dal mio
punto di vista, è rimasto ancorato al medioevo sia per
comportamento, che per pensieri, ma anche per come si è approcciato a chi lo ha
contraddetto e ha commentato quanto ha scritto.
Dall’uscita di questo articolo
ne sono state dette di ogni; da esterna ho osservato persone che davano ragione
all’autore dell’articolo e donne infuriate e offese per quelle parole, per il
sessismo che trasudavano. Arrabbiate per il modo in cui sminuivano il lavoro di
altre donne, considerandole alla stregua di ragazze stupide e annoiate.
Anche se quelle parole mi hanno
irritato, io più che schierarmi al momento vorrei analizzare quanto detto in
quel pezzo e chiedermi come sia possibile essere rimasti tanto ancorati
indietro nel tempo. Siamo nel 2020, e per quanto in molti siano veramente
rimasti ai ruggenti anni Venti, e vedono il mondo diviso in bulli e pupe, o gangster
e le loro donne, vorrei annunciarvi, signori, che il mondo è cambiato, che le
donne non sono mai state dei soprammobili, e che ora nessuno dovrebbe nemmeno
pensare una cosa del genere, e per quanto possano o meno avere più buon gusto
di voi, sono anche in grado di leggerlo un libro e commentarlo, come di
argomentare il come e il quando è stato scritto e paragonarlo ad altri. E
signori miei, udite udite, il mondo è cambiato anche nel modo di comunicare,
pertanto non tutti continuano a comprare giornali cartacei: lo faceva mio
nonno, ogni giorno, e lo leggeva tutto, peccato che mio nonno il 5 di gennaio
avrebbe compiuto 113 anni, altra epoca, altra mentalità. Forse, signori miei,
siete suoi coetanei?
No, non lo siete, almeno non di
età, altrimenti non avreste la forza nemmeno di digitare i tasti sulla tastiera
del pc, ma con la mentalità, e con quella siete rimasti veramente troppo
indietro, con idee retrograde e ho come l’impressione che abbiate paura delle
donne, soprattutto delle donne che leggono e che esprimono le loro opinioni,
così ecco che escono articoli denigratori sulle book influencer, con
affermazioni che vanno poco sul sottile, sul fatto che scattino solo delle foto
ai libri, ma non li leggano, che vengano sminuite come se fossero delle povere
sceme che mettono insieme delle foto carine. E poi si è lamentato che promuovono solamente libri scritti da
donne, che poi anche se fosse, i libri scritti dalle donne sono ottimi come
quelli scritti da uomini, perché le donne non scrivono solo romanzetti, e anche se fosse dietro a questi c’è del lavoro.
Ribadisco, siamo nel 2020, ora
come ora i mezzi di comunicazione sono differenti, il mondo lo è, e al
contrario del passato ci sono in egual misura a pubblicare libri sia uomini che
donne. Non è più scandaloso per una donna scrivere, come non lo è leggere e
parlare di libri.
Come ho accennato poche righe
sopra, il modo di comunicare è cambiato e dovremmo soffermarci anche su questo,
osservare come è cambiata la tecnologia. Insomma, tutti abbiamo un cellulare,
facebook, instagram e tutti i social di questo mondo, ma se non li si usano
anche per fare divulgazione, per parlare di cose serie o dei nostri interessi, per scambiare opinioni e quant’altro, a cosa dovrebbero servire? Ma soprattutto
perché un social è meglio di un altro? Perché parlare di libri su facebook può
andare bene, mentre su Instagram no?
Si potrebbero mettere delle foto
carine anche su FB, con tanto di didascalie o solo foto e potrebbero non
arrivare a nessuno.
Sono del parere che non è il
dove si parla di qualcosa che è importante, ma il come. Se chi mette foto su
instagram con tovagliette e tazze di caffè abbinate ai libri, non significa che
quello che hanno da dire sia meno importante di un tizio serio, che scrive con
penna e calamaio su un giornale.
Divulgare cultura, titoli di
libri, appassionare anche in modo semplice e far avvicinare le persone alla
lettura è un bene, come e dove lo si fa, non è importante. L’importante è
farlo. Importante è far avvicinare i bambini, gli adolescenti ai libri,
facendogli capire che non è una cosa noiosa leggere, tutt’altro apre tanti
altri mondi, apre la mente e permette di scoprire tante cose.
Il fatto che la maggior parte di
influencer sia donne non è da denigrare, ma più che altro c’è da chiedersi il
perché. Sarà che la maggior parte dei lettori forti del nostro paese siano
donne: non sono parole mie, non è un’invenzione, hanno fatto più di una
ricerca a riguardo. In un paese dove abbiamo il numero più basso di lettori,
dove la maggior parte dei libri per le persone non sono nemmeno oggetti
d’arredamento o da mettere nelle foto, avere chi raggiunge mille, duemila
persone avvicinandole alla lettura dovrebbe essere lodato e non denigrato. Non
dovrebbero essere prese in giro.
La divulgazione è, come afferma il
buon Piero Angela:
“L'ambiente in cui oggi viviamo e pieno di linguaggi che non
comprendiamo: linguaggi che riguardano il mondo dell'economia, della
tecnologia, dell'arte, della politica, della scienza ecc. La difficoltà, molto
spesso, non è nei concetti, ma nel modo in cui sono espressi. [...] La
divulgazione deve infatti fare i conti con questi due problemi, che richiedono
competenza e immaginazione: cioè da un lato comprendere nel modo giusto le
cose, interpretandole adeguatamente per trasferirle in un diverso linguaggio:
dall'altro essere non solo chiari ma anche non-noiosi, pur mantenendo integro
il messaggio (anzi, non aver paura di esser divertenti: l'umorismo è uno dei
compagni di strada dell'intelligenza).”
Piero
Angela - Viaggi nella scienza (Milano,
Garzanti 1982)
Ed eccoci qui che torniamo
all’articolo incriminato, l’autore pieno di spocchia, come se si considerasse
un essere superiore, ancora deve spiegarci per quale motivo ha attaccato una
serie di influencer donne, le ha denigrate e prese in giro.
Io mi chiedo: per promuoversi e
attirare un po’ l’attenzione bisogna sempre essere maleducati e ignoranti?
Bisogna sempre scatenare il putiferio in modo che poi si digiti il suo nome su
Google per scoprire chi è? Per scoprire che questo signore ha scritto dei
libri, ok. Libri con una casa editrice nota, che pubblica anche belle cose, ma
guarda un po’, anche questa collabora con i blog, con le book influencer per
promuovere i loro libri. Forse era arrabbiato perché nessuna di quelle che ha
citato ha recensito e parlato del suo…
Come ho accennato su questo
articolo hanno parlato in molti, commentato, scritto articoli, fino a quando
non è arrivato alla mia attenzione quello di Viviana Viviani: non sono
propriamente d’accordo con tutto quello che ha scritto, ma il mondo è bello
perché è vario. Dell’articolo in
questione vorrei commentare la parte sulle foto; probabilmente è vero, potrebbe
esserci della leziosità in quelle foto, ma se piacciono a chi segue le
influencer, se queste si divertono a farle, non vedo dove possa essere il
problema. È vero d’altro canto, che io non leggerei mai seduta a tavola
circondata da fiori, forse una tazza di caffè sì, anche due o tre, dipende dal
libro, ma sicuramente sarei in pigiama, sdraiata sul divano, con uno dei miei
gatti che mi dorme sopra e cerca di mangiarsi le pagine del libro o di rubarmi
la lampadina da lettura attaccata all’ereader. Mentre io concentrata in qualche
mondo ogni tanto provo a fermarli e mi prendo un morso.
Il parlare di libri, il modo in
cui leggere, il divulgare tutto questo è un qualcosa di talmente personale,
varia da persona a persona, ma allo stesso tempo trovo veramente offensivo che
chiunque, non solo la persona che ha scritto l’articolo, lo abbia fatto. Ha
denigrato il modo in cui più di una persona si approccia alla lettura, del modo
in cui ne parla, in cui si confronta, ignorando totalmente i commenti e le
recensioni di queste persone e basandosi solo su una manciata di numeri messi
in evidenza su un profilo di instagram.
Forse, prima di scrivere un
articolo, di aprire bocca e dargli fiato, avrebbe dovuto parlare con queste
persone, con queste book influencer, tastare il terreno, scoprire di più su di
loro, su come vivono i libri, la lettura e soprattutto come riversano sul loro
pubblico quello che apprendono.
Attaccare in questo modo non è
scrivere, non è fare giornalismo e non è nemmeno difendere la letteratura,
tutt’altro. Un articolo del genere porta solo indietro nel tempo, creando
astiosità, ma soprattutto fratture tra i lettori e tra le persone.
Io comprendo che di tanto in
tanto alcuni articoli vengono pubblicati per smuovere le masse, per attirare
l’attenzione, ma chi scrive dovrebbe sempre ragionare su cosa sta scrivendo e
delle conseguenze a cui porteranno le sue parole.
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