#GiovedìFilm: Fahrenheit 9/11 (Film/documentario del 2004)



Una sarcastica e coraggiosa inchiesta sugli aspetti nascosti della politica estera di George W. Bush. Il regista indaga cause e conseguenze della tragedia dell'11 settembre: partendo dalle contestazioni alle elezioni presidenziali del 2000, che hanno portato Bush Jr. alla Casa Bianca, fino ad arrivare alle imbarazzanti amicizie tra le famiglie Bush, Saud e Bin Laden, alla gestione discutibile della sicurezza interna e alle drammatiche conseguenze della guerra in Iraq.



Buongiorno, mi chiamo Luca R. e oggi sono ospite qui sul blog Piume di Carta per parlarvi di Fahrenheit 9/11, film documentario del regista Michael Moore che ha visto la luce nel 2004.
Fahrenheit 9/11 rappresenta la più chiara e concisa descrizione della società statunitense della storia contemporanea. 
Il film-documentario non racconta solo i retroscena dell’11 settembre 2001 (attentato alle Torri Gemelle a New York), oltre ai legami tra il presidente Bush e la famiglia Bin Laden persistenti dagli anni Settanta del Novecento, la guerra in Iraq del 2003, ma delinea anche alcune peculiarità sconcertanti del sistema americano: dalle grandi aziende che producono armi per l’esercito (che ottengono ingenti commesse dal governo) ai loschi affari che si celano dietro le cosiddette missioni di pace. 
Una delle testimonianze che più mi ha colpito è stato il metodo di arruolamento nell’esercito. Come accadeva negli anni Sessanta durante la guerra del Vietnam, ufficiali reclutatori si recano in molteplici località degli Stati Uniti per arruolare giovani da spedire a combattere in Afghanistan o in Iraq. A essere arruolati, nella maggior parte dei casi, sono giovani appartenenti ai ceti meno abbienti (non vagabondi che vivono per strada, ma normali persone che svolgono anche lavori modesti). Tra questi, diversi sono giovani afro-americani. In relazione a questo, ciò che mi ha colpito è essere venuto a conoscenza che, come constata Michael Moore, degli oltre 500 membri del Congresso americano, solo uno aveva un figlio in Iraq.
Tutto questo accompagnato da un clima di paura che il governo americano diffuse in tutta la nazione attraverso notizie di presunte cellule terroriste presenti sul suolo nazionale. A questo aggiungo casi di spionaggio nei confronti di associazioni pacifiste sorte in contemporanea alle campagne in Afghanistan e Iraq. 
Un altro elemento che il regista ha messo in mostra è stato il confronto tra lo stile di vita della popolazione irachena prima e dopo l’intervento statunitense. Disgusta osservare come la nazione il cui presidente Wilson nel 1918 propose il principio di autodeterminazione dei popoli, vada contro il medesimo principio. Una nazione nata secondo principi straordinari, ormai valevoli solo sulla carta. 

Avete visto film? Cosa ne pensate? Fatemelo sapere con un commento qui sotto.

Luca R. 



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