Le città di carta di Dominque Fortier


 Trama:

Chi era Emily Dickinson? Più di un secolo dopo la sua morte, di lei non sappiamo quasi nulla. Nacque nel 1830 in Massachusetts, morì nel 1886 nella stessa casa. Non si sposò e non ebbe figli, gli ultimi anni li trascorse in clausura nella sua stanza. Tra quelle mura ha scritto centinaia di poesie, che ha sempre rifiutato di pubblicare. Oggi viene considerata una delle figure più importanti della letteratura mondiale.

Partendo dai luoghi in cui la poetessa ha vissuto – Amherst, Boston, il seminario femminile di Mount Holyoke, Homestead –, Dominique Fortier tratteggia la sua vita: un’esistenza essenzialmente interiore, vissuta tra giardini, fantasmi familiari e viaggi attraverso le pagine dei libri.

Le città di carta ci restituisce un delicato riflesso della Dickinson e ci fa riflettere sulla libertà, sul potere della creazione, sui luoghi in cui abitiamo e che a loro volta ci abitano. Un cammino incantato di grazia e bellezza.


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Parlare de Le città di carta penso che per me sarà decisamente difficile: forse avrei dovuto scrivere la recensione di getto, dopo aver chiuso il libro. Ma un po’ l’ora, un po’ la pigrizia, ho lasciato passare più di un giorno.

Ora mi trovo davanti allo schermo e sto veramente procrastinando, perché seriamente quello che mi viene da dire del libro che ho finito di leggere è: “è bellissimo, leggetelo tutti”, ma dubito che come recensione sia il massimo e spieghi in maniera esaustiva il perché dovreste leggere questo libro.

Sicuramente all’autrice farebbe piacere tutto il mio entusiasmo, ma a chi verrà a leggere questa recensione piacerebbe sapere qualcosa di più sul perché lo consideri tanto bello.

Sono sincera, quando la casa editrice ce lo ha inviato non ero molto convinta. Con Emily Dickinson ho una sorta di amore e odio, amo le sue poesie, non ho mai sopportato lei come persona.

Emily Dickinson era una donna fuori da ogni schema, gelida come il ghiaccio, appassionata come il fuoco. Una donna particolare che, pur sembrando non vivere (perché per molto tempo ha lasciato chiuso fuori il mondo, e non parlo di una vita matrimoniale, ma proprio del mondo e delle persone, dei rapporti sociali), a modo suo ha vissuto e riversato emozioni attraverso i suoi scritti. 

Dentro di sé c’era un universo intero fatto di parole, di emozioni, che però riusciva a esternare solo attraverso le poesie, attraverso le parole, imprimendole su carta.

Quindi, trovandomi con un libro che parlava di lei, della sua vita, ero pronta a chiudere la mail e passare oltre. Però non so, sarà stato il titolo, forse la trama, ma ne sono rimasta incuriosita, quindi mi sono detta proviamo, non sei obbligata a terminarlo o a finirlo.

E così ecco che mi rapporto per la prima volta con la scrittura di Dominque Fortier, una scrittrice canadese che nel suo paese ha vinto molti premi sia come autrice che come traduttrice, ma di cui io non sapevo assolutamente nulla. Ma penso sia normale, è quasi impossibile conoscere tutti gli autori, e le case editrici, quelle competenti, è questo che fanno… ovvero fanno conoscere scrittori bravi, promuovendo i loro lavori e permettendomi di leggere libri meravigliosi.


Come ho scritto alcuni giorni fa in una storia di instagram, a un’ora indecente per essere svegli, era veramente tantissimo tempo che un libro non mi lasciava una tale sensazione. Un vuoto nel momento in cui sono arrivata alla parola fine, come se un amico, un caro amico se ne stesse andando e io non lo avrei rivisto per lungo tempo.

Non posso dire che i personaggi mi mancheranno, si torna a sopra, e al mio rapporto di odio e amore con la protagonista di questa storia, ma allo stesso tempo quello che mi ha veramente catturato è lo stile dell’autrice, il modo in cui è stata costruita questa storia e anche il suo modo di farci conoscere Emily Dickinson. Una donna che in pochi possono aver potuto dire di conoscere, ora nemmeno gli studiosi, perché quello che è arrivato a noi oltre i suo lavori sono solo dei frammenti, lettere e poco altro.

Io non sono in grado di dare un giudizio sulla storia scritta in lingua originale, sicuramente tanto merito per aver letto qualcosa di così bello va anche al traduttore, ma in lingua italiana mi sono ritrovata davanti delle pennellate.

Una poesia scritta in prosa, non so nemmeno come spiegarmi, dei frammenti che l’autrice disegna con le parole, emozioni, sentimenti, frammenti di vita che è riuscita a ricreare, attraverso lo studio, le ricerche, la fantasia. Attraverso la sua penna, la sua immaginazione e la ricerca ha creato come potevano essere la vita e i pensieri, ma anche i sentimenti di questa grande poetessa.

E insieme alla vita di Emily Dickinson l’autrice ci parla anche di sé, di come in qualche modo i suoi viaggi, i suoi spostamenti abbiano intrecciato la sua esistenza a quella della poetessa, ritrovandosi in luoghi dove Emily aveva vissuto. Paragonando in alcuni frangenti come fossero simili e differenti: di come la Dickinson sia rimasta sempre ferma in un luogo, non amante dei viaggi, per poi passare gli ultimi anni della sua vita chiusa nella sua stanza senza voler vedere nessuno, mentre anche lei, non amante dei viaggi, si sia spostata da una città all’altra, alla ricerca di un luogo che fosse quello giusto, la casa giusta dove vivere e in questi spostamenti ha trovato i luoghi della vita di Emily, ripercorrendoli anche se in alcuni casi inconsapevolmente.

Ho apprezzato questi frangenti in cui l’autrice ha messo veramente tanto di se stessa all’interno del romanzo, di solito lo fanno attraverso un personaggio, attraverso alcuni pensieri, in questo caso ha dedicato ai suoi ricordi, ai suoi pensieri intere pagine, senza nascondersi dietro un personaggio fittizio.


E mentre continuavo con la lettura, ecco che si alternavano queste immagine nella mia mente, delle pennellate, cartoline dall’aria antica di luoghi lontani che non conosco, di un tempo che non tornerà, di una donna che conosco solo attraverso i suoi scritti. Vedo una bambina sin troppo seria, più grande della sua età, un’adolescente fuori da ogni schema, che poi diventerà una donna, anch’essa completamente fuori dai canoni dell’epoca. Schiva e solitaria, con pochi amici, difficilmente mostrava i suoi sentimenti, che fossero la tristezza, come la gioia.

Una donna, un personaggio, un’autrice difficile da descrivere, da conoscere, ma soprattutto da ricreare, eppure Dominque Fortier, attraverso il suo modo elegante di scrivere, ci è riuscita più che bene, e non è riuscita solo a ricreare un involucro di nome Emily Dickinson, ma ha portato e impresso su carta il suo intero essere, le sue emozioni, i pensieri che passavano attraverso la sua mente, catturandoli e strutturando il romanzo in attimi di vita. Momenti, sia tristi che felici.

Momenti che è riuscita a fermare, ma non vicende intere, solo punti, discorsi, riflessioni.


Io penso che mi fermerò qui, per non essere ripetitiva nella recensione, ma soprattutto perché per farsi un’idea completa dovete leggere il libro. 

Veramente lo consiglio, perché è qualcosa di particolare, sicuramente una delle migliori letture di quest’anno.

Un libro che mi ha stupito e catturato.






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