RECENSIONE Oltreconfine - Recensioni dal mondo: The Silver Cage di Anonymous






The Silver Cage (Anonymous, 2018) 




 Trama 

Uno scrittore misterioso e scostante. Un giornalista giovane e ingenuo. Un passato tragico, un oscuro segreto e una storia indimenticabile di amore e passione. ATTENZIONE: The Silver Cage contiene alcuni trigger warning, fra cui suicidio, omofobia e autolesionismo. 

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Ho letto per la prima volta The Silver Cage nel 2018. È stata una scoperta casuale, fatta grazie a un’amica su Goodreads, e quando mi sono resa conto di quanto se ne parlasse online, ho deciso di leggere il romanzo senza andare a guardare nessuna recensione e nessun Tweet in proposito. L’impressione che mi è rimasta addosso allora – e che è stata poi confermata da varie riletture – è stata quella di aver trovato un romanzo profondamente personale (un’impressione confermata ovviamente anche dalla scelta dell’aut* di restare anonim*) e onesto, intenso, brutale e molto commovente. 

Solitario e inospitale, il romanziere prodigio Caleb Bright si è ritirato a vivere in un angolo selvaggio del Colorado dopo aver messo una fine improvvisa alla sua brillante carriera letteraria. L’intrusione nella sua vita di Michael Beck, un giovane giornalista incaricato di scrivere un profilo di Caleb per il New Yorker, metterà in discussione il suo mondo e riaccenderà in lui desideri e bisogni ormai scacciati nel profondo della sua anima.

Su questa trama del boy-meets-boy, solo apparentemente semplice, l’aut* costruisce una storia straziante e con due facce. Il romanzo è allo stesso tempo la storia della relazione fra Michael e Cal, dei suoi timidi inizi e delle sue difficoltà, ma è anche la cronaca di due visioni del mondo divergenti e inconciliabili – una razionale e laica, l’altra dominata dalla fede.

Caleb è un devoto cristiano, tormentato dalla vergogna e dal senso di colpa che continua ad attribuire ai suoi desideri e alla sua natura più intima. Michael, invece, è un giovane ateo, capace di guardare le cose in una maniera più elastica e malleabile, senza venire soffocato da comandamenti, credenze e verità percepite come immutabili ed eterne. Nei loro incontri/scontri verbali, tuttavia, Michael sembra quasi spaventato dalle sue convinzioni e riluttante nell’esprimerle quando è costretto a fronteggiare le idee più radicali di Caleb. 

Tutto il romanzo è attraversato dallo scontro inarrestabile fra queste due visioni del mondo che si riflettono nel libro dalla doppia prospettiva narrativa adottata dall’aut*.

C’è un’altra collisione in The Silver Cage che va ricordata, ed è quella interna a Caleb, sempre scisso fra le sue “debolezze” umane (il suo amore e il desiderio che prova per Michael, l’orgoglio che sente nei confronti dei suoi libri, la paura di essere dimenticato dal mondo della letteratura) e la devozione incrollabile verso la sua fede che viene sempre usata come scudo, senza essere mai messa in discussione o testata per i suoi limiti.

Malgrado la centralità di Michael, e la splendida maniera in cui il suo personaggio viene caratterizzato nel libro, The Silver Cage è fondamentalmente il romanzo di Caleb. È la storia della sua consapevolezza, della sua lotta e del suo tentativo di resistenza. La sua fede non è per lui una semplice lista di convinzioni, ma, come cerca di spiegare a Michael “[…] è più simile alle mie ossa […] è la struttura intorno a cui sono stato costruito” e l’unico modo per negoziare con una convinzione così profonda non può che avere un prezzo da pagare: la distruzione totale di quella struttura.

Sebbene ciò renda la lettura di questo romanzo un’esperienza difficile e dolorosa, ho davvero apprezzato come l’aut* abbia rifiutato di addolcire l’atteggiamento dogmatico di Caleb e abbia invece deciso di portarlo alle sue estreme conseguenze.

Il vuoto e la solitudine dell’ultimo, brevissimo, capitolo del libro, mi hanno lasciata senza parole, quel sospetto di una fine inevitabile che mi aveva accompagnata durante tutta la lettura come una vocina che mi sussurrava da qualche parte nella testa, si è concretizzata in una maniera violenta e tragica.

La doppia scomparsa di Caleb e Michael, su cui preferisco non dare dettagli qui, è stata tratteggiata dall’aut* in un modo che rasenta la crudeltà. L’assenza di qualsiasi sentimentalismo o improbabile risoluzione romantica e la maniera diretta in cui vengono raccontati gli eventi cruciali alla fine del romanzo, non occupano più di un paragrafo. Ciò che resta sono solitudine e rabbia.

The Silver Cage non è un libro di facile lettura, non ha un lieto fine e i suoi personaggi possono risultare respingenti e crudeli. Ha una prosa asciutta e una progressione inarrestabile verso la sua tragica fine anche quando per il lettore sarebbe meglio poter prendere un po’ di fiato. Penso, però, che sia un romanzo importante e necessario, pieno di domande cruciali sull’amore, la fede e il libero arbitrio. Malgrado tutti i suoi aspetti più difficili, non posso fare a meno di consigliarlo e di consigliare con lui anche il suo bellissimo sequel (ambientato, però, prima degli eventi di The Silver Cage) intitolato The Silver Cord. Con mia grande gioia - e parecchia trepidazione - l’aut* ha anche fatto sapere da pochissimo su Twitter di aver cominciato a lavorare all’ultima parte della trilogia, che sarà dedicata a Michael Beck.

Per me, decisamente, cinque, strazianti piume.




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