Concorso letterario: In mille parole edizione 2021/2022

 



Eccomi qui con un'iniziativa molto carina a cui mi ha chiesto di collaborare Simona de Il mondo di SimiS, ovvero questo concorso letterario, di cui non vi starò a spiegare come funziona, ma potete leggerlo qui.

Di seguito inserirò il nome dei primi tre in classifica, e il racconto del primo classificato. Ma, c'è sempre un ma, inserisco anche il titolo e il nome del racconto che nel complesso ho preferito io tra tutti quelli letti: La dura vita di uno stregone di Donatella Rodighiero.

Detto questo, a voi la classifica e il racconto:


Tema del mese

"Mi chiamo Garion e sono uno stregone…"

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Classifica

1°  Alessandro Ricci

2° Antonio Di Cesare

3° Dario DG


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RACCONTO


In me mago agere

di Alessandro Ricci


«Mi chiamo Garion e sono uno stregone.»

Ridono tutti quando lo dico e fanno bene, non dovrei dirlo a nessuno, è una cosa folle da credere, eppure è vera. Mi prendono in giro perché pensano che mi stia inventando tutto e perché non ho proprio l’aspetto di un maestro delle arti arcane. Avete presente, no? Cappello a cono e barba lunga. Il cappello non mi va proprio di indossarlo, è una cosa passata di moda e anche un po’ ridicola, la barba invece mi sembra importante, non mi viene in mente nemmeno uno stregone che ne sia sprovvisto. Ci ho provato a farla crescere, ma a quanto pare nessun incantesimo è cosi potente da far crescere anche il minimo peletto sulla faccia di un undicenne.

Garion non è il mio nome, quello vero lo devo nascondere per evitare di essere attaccato, è per questo che gli altri non dovrebbero saperlo. Ma a volte è così difficile mantenere il segreto. Sarebbe più facile che conoscessero il mio segreto piuttosto che credere che sia uno strambo. Ma sopporto tutto con pazienza, anche questo fa parte del mio addestramento, se sapessero che li tengo al sicuro dai cattivi mi tratterebbero come un eroe. Non è facile essere uno stregone.

Non voglio sembrare ingrato, sono contento di essere stato scelto, ma non è facile. Prima ci sono stati gli attacchi, improvvisi e potenti. Incantesimi malvagi che non conoscevo, ma di cui ho sperimentato gli effetti. Arrivano con una sensazione di estraneità, come se la realtà fosse da un’altra parte, poi mi si bloccano le gambe e le braccia iniziano a muoversi da sole, non riesco a parlare, la vista sparisce e perdo i sensi, tremando come una foglia. Che sensazione terribile! All’inizio mi spaventava da morire, un paio di volte credo di essermela fatta sotto. Non capivo perché proprio a me, poi ho trovato il talismano e tutto mi è stato chiaro. Sono il prescelto e i cattivi vogliono impedirmi di completare l’addestramento.

Ho trovato l’amuleto due mesi dopo che erano iniziati gli attacchi. Mamma era preoccupata, tutti mi guardavano con un misto di paura e compassione. Stavo piangendo come un poppante nel vicolo dietro casa, quando uno scintillio ha attirato la mia attenzione. Ho capito subito che si trattava di qualcosa di grosso: un manufatto d’oro, dalla forma ovale con impressa la figura di un uomo barbuto, avvolto in una tonaca che impugna un bastone, dalla cui testa prendono forma raggi di potere come una corona. Lo Stregone Supremo, senza dubbio. Una prova che quello fosse proprio un oggetto destinato a me era il fatto che fosse in mezzo alla spazzatura, come qualcosa senza importanza, chi altri, se non il predestinato, avrebbe potuto capire? Io lo so bene che le cose sono più magiche di come appaiono alle persone normali. 

Così non ho pianto più, ho accettato la missione e il mio fardello. Gli attacchi sono continuati, e non smetteranno finché non riuscirò sconfiggere i maghi malvagi una volta per tutte. Ho due sospetti principali: il vicino e il maestro Franco. Mi sta guardando adesso, mi sembra di percepire i suoi pensieri malvagi. Se fossimo da soli lo smaschererei e lo costringerei a un duello magico, ma il codardo si nasconde dietro all’aspetto innocente di maestro di matematica. Prima o poi farà un passo falso e io sarò lì per approfittarne. Lui lo sa che potrei sconfiggerlo quando voglio, vedo la preoccupazione nei suoi occhi. Forse sarebbe il caso di attaccarlo ora, prima che sia lui a farlo. Faccio scivolare la mano in tasca a cercare i bordi lisci del talismano, sento il potere scorrermi nelle vene. La campanella suona salvandolo da una sonora lezione. Ma non finisce qua.

Sono sempre tra i primi a salire sull’autobus perché non ho nessuno con cui scambiare chiacchiere o carte dei Pokemon, ma non mi interessa ho ben altro di cui occuparmi. Mi siedo vicino al finestrino, il posto accanto a me rimane vuoto anche se ci sono molti ragazzi sul bus. È un sollievo, se subissi l’attacco non potrei garantire per la sicurezza del mio vicino.

Casa mia è l’ultima del paese, è piccola ma a me piace. Le chiavi sono sotto il vaso di gerani. Mamma continua a chiamarlo così anche se i gerani sono morti da anni ormai e adesso contiene solo erbacce. Il soggiorno è in disordine e puzza un po’ di muffa, ci sono confezioni di cibo e qualche lattina di birra. Da quando papà è scappato, mamma lavora molto e non sempre può pulire, neanche questo importa, un guerriero magico non guarda a queste cose.

C’è qualcosa da mangiare sul tavolo, ma lo ignoro. Vado in camera, alla piccola finestra vicino al letto sfatto. Eccolo lì, il mio acerrimo nemico. Sta innaffiando il giardino, ma è una scusa per controllarmi. Il suo sguardo severo fa trasparire un grande potere, mi intimorisce. Finalmente torna in casa, lo vedo attraverso le finestre al telefono del soggiorno, poi sparisce a escogitare chissà quali malvagità.

Posso rilassarmi e magari fare i compiti. Dopo essermi esercitato un po’ con gli incantesimi base. Prima il dovere. 

Mentre provo a far lievitare l’astuccio, il rumore di un’auto spazza via la concentrazione. Corro alla finestra e riconosco l’auto. Dannazione, non mi lasciano mai in pace. L’uomo scende dalla macchina e si avvicina alla porta guardandosi intorno preoccupato, suona. Non rispondo.

Mamma mi ha detto che quando arriva l’assistente sociale e sono solo devo far finta di non essere in casa, altrimenti mi porta via. Le ho chiesto se è uno scagnozzo dei maghi cattivi, mi ha guardato strano.

Di nuovo rumori di auto, se ne va. Ma sento che non è finita, i battiti non scendono e la paura mi blocca le gambe, mi sembra di galleggiare in un sogno. Le braccia tremano, capisco che un nuovo attacco è in arrivo. Mamma mi ha insegnato la posizione in cui devo mettermi quando arrivano, per impedire che la lingua mi vada in gola e mi soffochi. Mi sdraio su un fianco, con il braccio ripiegato sotto la testa e mi preparo alla battaglia.

Mi chiamo Garion e sono uno stregone. Non mi arrenderò tanto facilmente.


Biografia Vincitore

Mi chiamo Alessandro Ricci, sono nato il 15 Dicembre del 1981, sono un impiegato il giorno e un istruttore di fitness la sera. Ho iniziato ad amare la letteratura fantastica fin dalle elementari, grazie al maestro Marco che ci leggeva ogni giorno Roal Dahl in classe.
La passione per la letteratura per ragazzi e la fantasia non mi ha mai abbandonato, tanto da spingermi in mondi immaginifici per inventare le mie storie.
Nel 2019 è uscito il mio primo romanzo “Il Fabbricante di suoni” per Arpeggio Libero Editore, nel 2020 e nel 2021 lo hanno seguito “Il giovane Achille” e “Guida turistica per sognatori” entrambi editi da NPS Edizioni.
Due miei racconti sono stati selezionati per le antologie dedicate agli animali fantastici del folklore italiano “Bestie d’Italia” 2 e 3, editi da NPS Edizioni.

italiano “Bestie d’Italia” 2 e 3, editi da NPS Edizioni.


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Racconto preferito:

La dura vita di uno stregone


Mi chiamo Garion e sono uno stregone...
Sono nato in una notte di luna piena, un minuto dopo la mezzanotte, ora tanto magica per incanti e sortilegi per ogni questione e desiderio.
Peccato che per me non fu così. Sono nato due mesi prima del tempo mettendo in subbuglio i preparativi della congrega che per l’evento volevano una grande festa per la nascita di una nuova strega. Si, avete letto bene, ho detto “Strega”, perché la grande sacerdotessa aveva previsto la nascita di una “sorella”, eh invece no! Sono arrivato io, innervosendo tutti come l’ospite inatteso che bussa alla porta durante la cena, o peggio ancora, quando vi siete appena addormentati.
E voilà! Dopo undici ore di travaglio di un giorno undici alle ventitré (che sono pure le undici per comuni mortali) sono arrivato al mondo bello come il sole e tranquillo, non ho nemmeno pianto.
Ero nato da pochi minuti che davanti a me una bella fanciulla dai capelli neri e fiori tra essi, mi si avvicinò con un grosso paio di forbici, ero appena venuto al mondo e scoprii subito cosa fosse la paura, altro che recidere il cordone ombelicale! Per poco mi tagliava i gioiellini!
Dopo di lei una donna anziana dai capelli grigi mi immerse nel lago, per me era un tentato omicidio, ma loro lo chiavano “consacrazione”. Sarà, ma non ci ho mai creduto.
Attesi il momento più dolce, quello in cui avrei dovuto esser attaccato al seno di mia madre, appunto, avrebbe... ma non fu così. Il seno fu sì di mia madre, ma su di me non ebbi solo i suoi occhi, ma anche tutti quelli dell’intera congrega! Occhi dilatati, sorrisi giovani e altri sdentati e voci che incitavano e altri che sussurravano “su dai mangia, fai in fretta, quanto si metti...” scoprii così cosa fosse l’ansia da prestazione. Quante cose avevo già imparato ed ero appena nato.
Come per tutti il tempo passa e anche io cresco con tanta curiosità e voglia di vivere.
E giunse anche per me la fase delle scoperte e dei perché, periodo di qui mi pentii presto di esser entrato.
Ricordo bene una mattina, la primavera era sbocciata con tutti i suoi fiori, l’aria profumata e bla bla bla, me ne stavo seduto solo soletto su una balla di fieno ad osservare mia madre che leggeva concentrata un grosso libro. Appena si allontanò un attimo mi avvicinai al manoscritto e venni rapito dalle figure impresse, tutte colorate, tra queste c’era una donna a cavalo di una strega che volava sopra gli alberi. Quando mia madre tornò chiesi lei se potevo usare anche io la scopa, e alla sua risposta affermativa iniziai a saltare dalla gioia, almeno fino a quando la senti dire: “ecco bravo, vai a pulire la tua stanza che è un macello...”.
E quando mia mamma mi doveva lasciare dalla vicina di casa, dall’altra parte del bosco, centoventi acri, altro che quell’orsetto giallo o cappuccetto rosso; Quando incontrai io, il lupo, mica mi disse: “ciao bel bambino dove vai”, ma nei suoi occhi lessi: “Pirla stattene a casa va!” … Stupido Cappuccetto Rosso, che pure lei era messa male, usavano il maschile ed era una femmina, non immaginate i complessi che aveva, li sentii tutti attraverso la mia sfera di cristallo durante le lezioni in Smart working, beh? Che vi ridete voi? Trovatela voi una presa di corrente in mezzo al bosco se ci riuscite.
Come tutti nella congrega anche io imparai a fare riti, incantesimi, muovere pendoli e leggere le carte, solo che per le carte usarono il termine “baro” …
Gli anni passavano senza nemmeno chiedermi se fossi d’accordo o no. Divenni bravissimo con magia e sortilegi e ricette varie. I Muffin che facevo io non li faceva nessuno, ma nulla servì e venni mandato in una scuola privata di alta magia.
Il giorno della mia partenza venni accompagnato alla fine del bosco, dove mi attendeva un pulmino che loro definivano “vintage”, ma che per me era sono scassato.
Fiori, palloncini, una gran festa per la mia partenza. Mi regalarono una divisa, una borsa con dentro grimorio personalizzato con vari gatti neri e draghi. Una bacchetta di noce per le verifiche e una di nocciolo per le brutte copie. E quella di castagno per i compiti.
Il viaggio fu divertente, boschi, vallate, laghi ... E ancora boschi. Alla fine mi ritrovai davanti ad un grande cancello con tanto di ponte levatoio. Molti avevano già fatto amicizia ancor prima di varcare il cancello. Io no, io ero timido e curioso, preferivo leggere e fisare gli altri, anche se mamma si raccomandava sempre di non fissare troppo la gente, che dopo un minuto non è più guardare ma è malocchio, e dal malocchio alla denuncia per stalking è un attimo.
Gli anni di scuola passarono tranquilli e sereni per me. I miei voti erano buoni e lo sarebbero stati di più se non fosse stato per il solito gruppetto di maghetti che si battibeccavano sempre e combinando guai., sempre quando c’era una verifica.
Quante scuse prendevano, giustificazioni incredibili portando scompiglio nella scuola. E le scuse che prendevano! Incredibili!
Orchi che occupavano i bagni, ragazze morte che ti spiavano mentre facevi il bagno. Fantasmi che ti seguivano, ragni grandi come case che cercavano di rubarti la macchina, o la scusa più incredibile, nel senso che non era credibile, era quella che tutto quello era per colpa di un tizio a cui qualcuno aveva rubato il naso. Beh, anche io mi sono arrabbiato quando quello del banco accanto non mi restituì la gomma, ma mica faccio tutto questo putiferio. Forse perché sono un tipo calmo.
Ed alla fine quello che conta è che io, con tanto di diploma e qualifica riconosciuta dall’ordine dei maghi, a differenza loro, sono un vero stregone che ha affittato un monolocale in centro Torino città magica.
… Col cavolo che torno nel bosco. Quello lo lascio all’orsetto giallo.
~ Garion Stregone

Commenti

  1. Grazie a te Erika e sono contenta che i racconti ti siano piaciuti, questa edizione effettivamente è stata eccellente :D

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  2. Grazie a te per il bel racconto. E complimenti per la vittoria.

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