L'universo di Tolkien:
Il cacciatore di draghi
Il libro narra la vicenda di un contadino abitudinario e un po' fanfarone, costretto dalle circostanze a dar la caccia a un drago, su cui riesce ad aver la meglio, diventando ricco e rispettato tanto da essere eletto re. La fonte sarebbe un'antica cronaca in latino contenente il resoconto delle origini del Piccolo Regno, dove il racconto è ambientato. Ma si tratta soltanto di un espediente. Tolkien vi ricorre non già per dare credibilità storica al suo narrare, ma per creare un mondo metastorico, senza precise coordinate spazio-temporali, un'atmosfera da fiaba, un universo immaginario popolato di draghi e di giganti in cui però è possibile ritrovare qualcosa che si incontra nella realtà di tutti i giorni.
Eccomi tornata con una nuovissima recensione dedicata a Tolkien. Anche questa volta mi ritrovo a recensire un libro letto per la prima volta, e la cosa non può che farmi piacere.
Come al solito, le opere di Tolkien sono sempre caratterizzate da quest’anima fiabesca che mi piace tantissimo, e se non sapessi bene chi è l’autore di questo libro, giurerei che questa è una fiaba antica che viene tramandata di generazione in generazione.
Il cacciatore di draghi è stato pubblicato per la prima volta nel 1949, mentre in Italia non arriverà prima del 1975.
Questa storia non è ambientata nello stesso universo del Signore degli Anelli e la maggior parte delle opere di Tolkien, ma è quasi un mondo a sé stante, senza tempo.
Devo ammettere che mi ha emozionata molto leggerlo, perché mi ha ricordato quando da bambina fantasticavo di grandi cavalieri, draghi e principesse.
Tolkien ha sempre avuto la straordinaria capacità di farmi tornare indietro nel tempo a quando ero bambina.
Nonostante la sua brevità, questo libricino è davvero pieno di sorprese: mi stupisco sempre di come si riesca perfettamente a riconoscere la mano di Tolkien in tutte le sue opere. C’è una dolcezza e tenerezza nel suo modo di raccontare che sono uniche e che lo contraddistinguono.
Il fatto che spesso ideasse e scrivesse le sue storie per i figli forse spiega questa tendenza, ma non solo.
Dopo la lettura di questo libro mi sono fermata un attimo a riflettere e ho concluso che un uomo in grado di creare certe storie, certi personaggi, non può averlo fatto unicamente per i figli, ma anche per se stesso.
Sicuramente, Tolkien è rimasto un sognatore per tutta la sua vita. Non importa l’età anagrafica, ma Tolkien deve essere sempre stato in grado di immaginare un mondo fantastico dove faceva muovere i personaggi che creava. Un mondo che quasi sicuramente non era che una metafora del nostro.
Aveva la capacità di rendere l’ordinario straordinario semplicemente aggiungendo quel pizzico di magia che basta.
So che queste riflessioni si possono applicare a quasi tutta la sua opera, ma è dopo la lettura del cacciatore di draghi che ne sono diventata veramente consapevole.
Quindi, veniamo alle domande fondamentali a cui voglio rispondere con questo articolo: perché leggere Il cacciatore di Draghi? Ma soprattutto, perché leggere Tolkien in generale?
La risposta che mi sono data è: perché no?
Non importa l’età che abbiamo, le storie che Tolkien ci racconta sono fiabe ma non sono infantili. Raccontano il mondo visto da una luce diversa, perché se fuggire dalla realtà non aiuta a risolvere le brutte situazioni, ogni tanto infarcirla di dettagli fiabeschi e magici può aiutare.
Per cui, se avete voglia di perdervi in una fiaba, di sentirvi parte di una storia fantastica, vi suggerisco di leggere Il cacciatore di Draghi, che tra l’altro è meno di cento pagine e si legge tutto d’un fiato.
Continuando il nostro viaggio con Tolkien, vi do appuntamento alla prossima recensione, che questa volta sarà su un libro che ho già letto più volte. Nonostante tutto, mi fa sempre piacere riprenderlo in mano e tornare nella Terra di Mezzo: sto parlando infatti di Racconti Incompiuti, un’altra delle opere antologiche ambientata nell’universo del Signore degli Anelli.
Se siete curiosi, rimanete sintonizzati su Piume di Carta.
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