L’imperatore-Dio di Dune di Frank P. Herbert



Dopo millenni di dominio sull'universo, l'Imperatore-Dio Leto II, ibrido prodotto dalla fusione del suo corpo umano con diverse trote della sabbia, ha potuto assistere al profondo mutamento di Arrakis, ormai conosciuto solo come Rakis. Le antiche distese di sabbia sono soltanto un ricordo lontano, e il pianeta è molto diverso dall'arido Dune. La vegetazione è florida e l'acqua sgorga abbondante, e non c'è più traccia dei vermi della sabbia. Leto II ha dedicato ogni energia a incrementare i suoi enormi poteri, con l'unico risultato di diventare una creatura abietta e disumana, che getta un'ombra minacciosa sul Sentiero Dorato. Il comandante Duncan Idaho si trova a dover affrontare una questione morale incredibilmente ardua: qual è la scelta giusta, rimanere fedele agli Atreides, nel bene e nel male, o lottare contro un tiranno malvagio che porta ai popoli solo rovina e oppressione?


Ho finalmente superato la metà di questa saga, leggendo il quarto dei sei libri che ne fanno parte.
L’imperatore-Dio di Dune, che viene subito dopo I Figli di Dune, ha per protagonista proprio uno di questi figli: parliamo infatti di Leto II, figlio di Paul Muad’Dib.
La storia ha un salto temporale di tremila e cinquecento anni dal volume precedente, e la cosa si nota fin da subito.
Se  i primi tre condividevano all’incirca gli stessi personaggi, è evidente che in questo romanzo il tempo passato sia veramente tantissimo: infatti, conosciamo soltanto Leto II, che ha acquistato una vita innaturalmente lunga, e Duncan Idaho, sebbene anche lui non sia che l’ennesimo clone dell’Idaho originale. Il resto sono tutti personaggi nuovi.
Ed è forse proprio per questo motivo che non mi ha fatto impazzire come i primi tre romanzi.
Per carità, non sto dicendo che sia brutto: è un romanzo scritto in maniera divina e pieno di personaggi interessantissimi, ma secondo me non regge il confronto con i primi tre.
Ciò che ho apprezzato è la capacità di Herbert di porre dilemmi morali ai suoi lettori.
In tutta la saga di Dune sono presenti riferimenti alla morale, all’etica e, soprattutto, all’impatto che si ha sul pianeta. In questo caso parliamo proprio di Dune, sebbene si intuisca appieno il riferimento al pianeta Terra.
Il libro mi ha portata a riflettere su un ulteriore tema molto importante: Leto II, da eroe da ammirare, si è trasformato in tiranno, venerato come un Dio da alcuni e odiato da altri.
In questo caso, mi è tornato in mente il detto “o muori da eroe, o vivi così a lungo da diventare il cattivo”: Leto ha vissuto davvero a lungo, tantissimi anni, e forse in tutti questi anni le modifiche subite dal suo corpo hanno trasformato la sua persona non solo fisicamente.
La sua umanità è lontanissima, quasi inesistente.
È davvero un interessante spunto di riflessione che l’autore pone ai suoi lettori, soprattutto perché il comportamento di Leto sembra invece servire al raggiungimento del fine ultimo, il famoso Sentiero Dorato, l’unica speranza di salvezza per il genere umano.
Non ci resta che leggere i prossimi due romanzi per trovare la soluzione, per scoprire quale sarà il finale.
Sono sempre più curiosa, ma allo stesso tempo un po’ dispiaciuta: questa saga è veramente eccelsa, e mi mancherà una volta che l’avrò terminata.
Il pensiero di avere ancora due romanzi da leggere mi fa felice.
E voi? Cosa ne pensate di questo quarto volume? Fatemelo sapere con un commentino.

Alla prossima recensione.


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