L’aspirante pianista
Shuhei Amamiya si trasferisce nella scuola dove studia Kai Ichinose e rimane
scioccato quando sente suonare il compagno, scoprendo che è autodidatta.
Ho iniziato questa serie anime su consiglio di un’amica,
senza sapere minimamente di cosa parlasse. Quando ho visto i primi episodi, la
mia prima critica è stata: “Ora basta che la gente che lo guarda non si metta
in testa che si possa imparare a suonare il pianoforte così, da un giorno all’altro.”
Questo perché ho un’infarinatura a riguardo e so quanto è
difficile pensare di suonare brani di Mozart, Chopin o qualunque altro
compositore famoso più o meno noto.
Andando avanti con la serie, però, un po’ mi sono ricreduta:
in fondo Kai strimpella sul pianoforte da quando era piccolo (a occhio e croce
aveva due anni quando ha trovato il piano nella foresta) e con il talento
innato che ha (e probabilmente l’orecchio assoluto) è riuscito ad imparare a
suonare da solo. Certo, è una cosa difficilissima, considerando che non aveva
nemmeno dei libri su cui studiare, ma non del tutto impossibile.
L’anime è stato prodotto da Netflix ed è la trasposizione
animata del manga Piano no mori, di Makoto Isshiki, inedito in Italia.
Mette in mostra la differenza di valutazione che hanno i
giapponesi da tutto il resto del mondo: se in Giappone quel che conta è la
perfezione (cosa che nella musica ha senso fino ad un certo punto), in Europa
guardano molto di più l’estro del musicista, la sua abilità nel trasmettere
emozioni suonando. Mi è piaciuto molto vedere come i vari musicisti apparsi
siano stati in grado, pur suonando la stessa musica, di trasmettere sensazioni
diverse, immagini differenti a chi le ascoltava.
La serie tutto sommato non è male, anche se ad un certo
punto ammetto che non ne potevo più di sentire Chopin suonato in tutte le salse
(a quanto pare all’autore piace molto, altrimenti non si spiega che tutto sia
incentrato sulle sue musiche), anche se forse è stata resa molto veloce
rispetto al manga, composto da ben 26 volumi (e che a ‘sto punto vorrei
leggere, perché mi ha incuriosito).
Ho solo un appunto da fare. Il titolo originale della serie
è Piano no mori, che letteralmente si dovrebbe tradurre “La foresta del Piano”
e non “Il Piano nella foresta”. Inizialmente uno non nota la differenza, ma ad
un certo punto c’è un avvenimento che fa capire che il titolo italiano è
errato, perché se “La foresta del Piano” è presente dall’inizio alla fine, “Il
Piano nella foresta” smette di esistere da un certo punto in avanti.
Purtroppo gli errori di traduzione di questo tipo sono
frequenti, ma basterebbe un po’ più di attenzione per fare le cose per bene
(anche perché in inglese è The Piano Forest, ovvero La foresta del Piano, come
in originale).
Spero che, spinti dall’anime, qualcuno porti in Italia anche
il manga. Nel frattempo cerco di recuperare anche il film che è uscito tempo
fa, il primo adattamento anime di questo titolo, per capire se prendeva solo
una parte della storia oppure è totalmente diverso.
Una cosa che mi ha fatto sorridere è quando alla fine viene
detto che il nome Kai Ichinose in realtà è l’anagramma di “Sekai no ichi”,
ovvero “il primo del mondo”. Un gioco di parole carino che si perde un po’ non
conoscendo la lingua (probabilmente in Giappone ci sono arrivati subito, io ho
dovuto sentire la spiegazione).
Consiglio agli amanti degli anime e della musica di guardare
questa serie, che trovate su Netflix doppiata in italiano.
Quattro piume per lei.
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