Trama:
Sul limite estremo della città di Palermo, nella più difficile delle periferie di oggi, dieci ragazzi raccontano in prima persona la loro vita, i loro sogni, il loro poco destino. Il quartiere è il Cep, Centro Edilizia Popolare, dove promiscuità e malavita regnano sovrane, e dove l’unica legge sembra essere il possesso delle cose e delle persone. In queste spianate di cemento i bambini possono allontanarsi e non fare più ritorno, le ragazzine diventano donne troppo in fretta e i maschi crescono con l’idea che per ottenere ciò che desideri ogni mezzo è lecito. Lontanissima c’è Palermo, con i suoi splendidi monumenti e le chiese antiche che i ragazzi del Cep non hanno mai visto, come il mare. In un avvicendarsi di speranza e rassegnazione ognuno dei personaggi si racconta, con lucidità, senza filtri. Scopriamo così che la crudeltà non è una prerogativa degli adulti, ma un peccato originale che si trasmette di padre in figlio in un contiguo gioco dei ruoli, alternando vittime a carnefici. Francesca Maccani, alla sua opera prima, compone un romanzo corale, struggente e verissimo, indimenticabile.
Link acquisto: Fiori senza destino
Finalmente riesco a mettermi in paro con alcune letture che avevo sul comodino da troppo tempo. Non è vero, questa è una bugia, non era da tanto che avevo acquistato Fiori senza destino di Francesca Maccani ed edito da SEM libri, solamente questa estate, ma ero curiosa di leggerlo per gli argomenti trattati al suo interno.
Come ho detto in altre recensioni, amo leggere di realtà italiane, ambientazioni e storie del nostro paese, ma non è detto che queste realtà siano sempre belle e paradisiache, e in questo caso ho versato veramente tante lacrime.
Anche in questo romanzo ci troviamo in Sicilia, ma non è quella de I leoni di Sicilia, ricca di storia, affascinante anche se in alcuni casi povera e piena di dolore; no, il romanzo di Francesca Maccani è ambientato in un quartiere preciso di Palermo, il Cep. L’acronimo Cep sta per "Coordinamento di Edilizia Popolare" ed è il nome dato a una zona periferica di Palermo, un quartiere come ce ne sono tanti in Italia. Una zona tanto vicina alla città, geograficamente ne fa parte, eppure allo stesso tempo così lontana, come se un’unica circonvallazione fosse una montagna invalicabile a separare due mondi completamente differenti.
Le famiglie residenti al Cep fanno fatica ad andare avanti, a mettere un pasto in tavola, i bambini, fiori senza destino, sono coloro che ne risentono di più. Molte volte ignorati dai genitori, da madri che li hanno avuti troppo giovani, in alcuni casi anche loro delle bambine, da padri impegnati a cercare un lavoro, vivendo di espedienti o semplicemente in carcere.
Ragazzi che crescono sin troppo presto perché altrimenti per le famiglie sarebbero un peso. Come è un peso mandarli a scuola: i libri costano, la scuola e l’educazione potrebbero mettergli in testa delle strane idee, quando invece, per loro, il destino è uno: camminare a sguardo basso e combattere ogni giorno contro fame e povertà, ma mai sperare di poter ottenere dell'altro.
Per i ragazzi di questi quartieri ogni espediente, essere più furbi degli altri significa sopravvivere, mangiare, riuscire ad avere qualcosa che altrimenti non si potrebbero permettere.
Scrivendo un romanzo corale con due piani di lettura Francesca Maccani ha fatto un ottimo lavoro, creando un’opera struggente che trascina il lettore in una realtà che probabilmente non ha mai vissuto, non ha mai nemmeno immaginato potesse esistere.
Possiamo vedere questo mondo attraverso gli occhi di Sara, una professoressa approdata a Palermo con la famiglia, del tutto incapace di comprendere inizialmente quanto le accade intorno, un modo di comportarsi spietato, quasi surreale per lei.
La donna inizialmente è del tutto incapace di affrontare la sofferenza di quei ragazzi maltrattati, abusati, abbandonati, che sono dovuti crescere fin troppo in fretta per affrontare un mondo così cattivo. Andando avanti, comprende che in ogni scuola, in ogni luogo potrà trovare giovani sofferenti a cui gli adulti, quegli stessi adulti che avrebbero dovuto proteggerli, hanno invece fatto del male e, anche se continuerà a non comprendere, man mano riuscirà ad affrontare il dolore di quei bambini, anche se ogni perdita, ogni ragazzo che non è riuscito a salvare e a salvarsi continua a segnarla.
La donna inizialmente è del tutto incapace di affrontare la sofferenza di quei ragazzi maltrattati, abusati, abbandonati, che sono dovuti crescere fin troppo in fretta per affrontare un mondo così cattivo. Andando avanti, comprende che in ogni scuola, in ogni luogo potrà trovare giovani sofferenti a cui gli adulti, quegli stessi adulti che avrebbero dovuto proteggerli, hanno invece fatto del male e, anche se continuerà a non comprendere, man mano riuscirà ad affrontare il dolore di quei bambini, anche se ogni perdita, ogni ragazzo che non è riuscito a salvare e a salvarsi continua a segnarla.
L’altro piano narrativo sono i punti di vista dei giovani alunni di Sara, ragazzini che frequentano le scuole medie e sembra che abbiano già visto quanto possa essere crudele il mondo, le persone, anche coloro che gli sono vicini.
Bambini con gli sguardi da adulti, occhi rassegnati che fissano a tu per tu una professoressa che sembra non riesca a comprenderli. Occhi da adulti, anche i comportamenti.
Non capiscono perché devono studiare, essere rinchiusi lì, quando sono loro che un certo senso si devono occupare dei genitori, di quelle madri che vendono il proprio corpo per mettere qualcosa in tavola.
E così con questo romanzo conosciamo le storie di questi adulti racchiusi nel corpo di bambini, che hanno sofferto e visto le brutture di una società che sembra non volerli accettare, come se tutti loro fossero un peso per lo Stato, per la scuola, per coloro che li hanno messi al mondo.
E così conosciamo Gaetano, il cui padre è arrestato per spaccio, come quello di Rosalia, ma questo per furto.
Cettina ha la madre che fa la prostituta in casa e Rosy è segnalata ai servizi sociali per un ritardo cognitivo e in quel posto le ragazzine ingenue come lei sono in pericolo, sempre. E poi ci sono Sharon, Luigi e Milo, ognuno di loro segnato dalla vita, non hanno ancora sedici anni e tutti loro hanno sofferto, hanno perso qualcuno, gli hanno fatto del male.
Ho letto questo libro praticamente in una notte, complice il temporale che si è scatenato questa notte e mi ha tenuta sveglia, ma soprattutto la storia. Ho pianto e sofferto per tutti quei ragazzi, per quelli che non ce l’hanno fatta e per quelli che sono riusciti in qualche modo a scappare dalla povertà.
Fiori senza destino è un libro che fa male, perché quanto vi è scritto, quanto descrive l’autrice non sono invenzioni, ma storie vere, storie quotidiane che avvengono non solo a Palermo, ma in tanti di quei quartieri e periferie dove le famiglie fanno fatica ad arrivare a fine mese.
Fiori senza destino è un libro che fa male, perché quanto vi è scritto, quanto descrive l’autrice non sono invenzioni, ma storie vere, storie quotidiane che avvengono non solo a Palermo, ma in tanti di quei quartieri e periferie dove le famiglie fanno fatica ad arrivare a fine mese.
Perché di ragazzi come quelli descritti nel romanzo ce ne sono più di quanto si pensi in ogni regione del nostro paese, ragazzi abbandonati a se stessi che devono comportarsi da adulti e ai quali viene rubata l’infanzia, l’adolescenza e i momenti di gioia e spensieratezza.
Il modo in cui è impostato il romanzo l’ho trovato molto azzeccato, lo stile quasi essenziale dell’autrice, il modo in cui fa parlare i ragazzi e attraverso i loro occhi vediamo i luoghi in cui vivono è bellissimo dal punto di vista narrativo, ma allo stesso tempo straziante.
C’è rassegnazione nelle parole di quei bambini, rassegnazione e un pizzico di consapevolezza, non maturità perché altrimenti non commetterebbero alcune azioni, ma qualsiasi cosa è accettabile pur di lasciare la povertà, quel quartiere fatto di palazzi grigi e tristezza.
Un libro che ci fa conoscere un altro volto della Sicilia, che non è le sue splendide città e il mare, no, è il volto della solitudine, dell’abbandono e della sofferenza.
Quello che possiamo leggere in questo romanzo è il volto crudele degli adulti che volutamente o meno si accaniscono sui più giovani, sui loro figli, strappandogli ogni giorno un pezzetto di felicità. Strappandogli il diritto di essere bambini e soprattutto felici.
E poi strappandogli il diritto di studiare, di avere una mente aperta, dei sogni e la speranza di poter vivere in un luogo lontano, differente, che non sia un quartiere grigio separato da una montagna di paure, di povertà, di pregiudizi dalle grandi città. Come se chi fosse nato al Cep sin da bambino fosse agli arresti domiciliari, rinchiuso in quell'unica zona per tutta la vita. Un luogo che secondo la mentalità non dovrebbe e potrebbe mai lasciare.
Fiori senza destino è un libro struggente, che segna il lettore, dandogli la consapevolezza di quanto dolore c'è a pochi passi da casa.
Un libro che fa male, perché si sta male per quei bambini, per quello che gli accade, per un destino che molti non si potranno scegliere.
È un libro che fa aprire gli occhi: meraviglioso nel suo essere spietato.
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