RECENSIONE La felice e violenta vita di Maribel Ziga di Itziar Ziga


 

Trama:


Indipendente, spiritosa, piena di passioni letterarie, desiderosa di studiare e avventurarsi nel mondo, Maribel Ziga è innamorata di un ragazzo passionale e carismatico con cui avrà due figlie. La dittatura franchista non le permetterà di continuare gli studi e suo marito si rivelerà un uomo vile e brutale. Maribel Ziga è una vittima del patriarcato. Come ogni persona, come ogni donna.

Dopo il successo di Diventare Cagna, Itziar Ziga torna in con il suo inconfondibile stile iconoclasta in un mémoire potente e disincantato. Con questo libro, l’autrice esplora la sua dolorosa infanzia con l’intenzione di far emergere, dagli eventi che hanno caratterizzato la vita di sua madre Maribel, la violenza sistemica a cui ogni donna è soggetta. La felice e violenta vita di Maribel Ziga è il diario intimo di una persona che ha dedicato la propria vita alla lotta femminista e, allo stesso tempo, il manifesto per una sorellanza intergenerazionale e internazionale.


"Per secoli hanno continuato a perseguitarci perché avevamo una sessualità, una maternità e delle idee nostre. Innalzarono prigioni e idearono martìri speciali solo per noi, ci dichiararono incostanti, indemoniate, pervertite, inferiori, angeli del focolare. Siamo state lobotomizzate chirurgicamente e culturalmente. Ma non ci siamo mai arrese".


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Ci tengo a precisare che non sono un’esperta di letteratura femminista; negli anni mi sono interessata all’argomento, ma non mi sono mai addentrata a leggere nulla a riguardo. Forse non avevo tempo per stare dietro ad argomenti complessi e delicati allo stesso tempo. Forse non era il momento giusto, non avevo le basi e la testa per comprendere tutto appieno. Ma uno dei miei buoni propositi per quest’anno è ampliare le mie conoscenze, leggere di più, soprattutto su un argomento che dopotutto riguarda da vicino tutte le donne.


Il libro che ho avuto modo di leggere in questi giorni è un memoir: sono i racconti, i ricordi in prima persona dell’autrice Itziar Ziga che racconta la storia di sua madre Maribel, della vita, delle violenze e del patriarcato sotto il quale tutte le donne crescono e che, pur con lotte e proteste, ancora è comune nel mondo. Non solo in Spagna e nei Paesi Baschi dove è ambientata la storia, ma in tutto il mondo, Italia compresa.


In sociologia, il patriarcato è un sistema sociale in cui gli uomini detengono principalmente il potere e predominano in ruoli di leadership politica, autorità morale, privilegio sociale e controllo della proprietà privata. Nel dominio della famiglia, il padre o la figura paterna esercita la propria autorità sulla donna e i figli.


Il libro di Itziar Ziga è un un romanzo fatto di ricordi e avvenimenti, ma soprattutto di emozioni. Perché, pur affrontando temi importanti e dolorosi, allo stesso tempo al lettore arrivano le emozioni dell’autrice. Arriva il dolore per la perdita della madre, un fiume di ricordi a ritroso indietro nel tempo, quando era una bambina, quando vedeva la sua ama picchiata e sofferente, eppure allo stesso tempo, pur nei ricordi delle figlie di Maribel Ziga, sono rimasti anche bei momenti, ricordi spensierati e risa.

La donna di cui ci racconta Itziar Ziga era moderna e forte, fragile per quanto riguardava il rapporto con quel marito che, sia per le leggi, sia per amore, ci ha messo sin troppo tempo a lasciare, ma allo stesso tempo una donna che ha fatto di tutto affinché le sue figlie vivessero dei momenti felici, che la loro casa non fosse solo l’antro del mostro, ma anche un luogo solare e pieno di risa, oltre che di violenza, in modo che i ricordi, volgendo lo sguardo al passato, non sarebbero stati solo brutti.

Eppure le violenze in una famiglia segnano, è un dolore che una persona si trascina dietro per tutta la vita, nei sogni, negli incubi, nei momenti in cui ci si perde nei ricordi; i momenti belli sono sempre screziati di dolore, di una parola sbagliata, di uno schiaffo che non ci sarebbe mai dovuto essere.

Ma nel suo libro Itziar Ziga non ci parla solo della vita di sua madre, di come lei e sua sorella sono cresciute, ma ci fa vedere come quel patriarcato in Spagna, come in Italia e in molti altri paesi, per lungo tempo, all’epoca come oggi, ha il potere decisionale sulla vita delle donne, trattandole come oggetti da riproduzione, donne delle pulizie. Le donne in molte culture, anche occidentali, a un certo punto sono state considerate inferiori, oggetti di scambio, per sancire accordi e alleanze, ma per molto tempo mai considerate capaci di poter gestire le loro vite.

In questo libro l’autrice ci parla di sua madre, di come fosse un’ottima studentessa, eppure non ha continuato gli studi perché negli anni Cinquanta le donne non vivevano da sole, lontano da casa, per andare a studiare.

Ci racconta di come sia stata una moglie, una madre, una lavoratrice, eppure tutto questo era più un obbligo per il suo ruolo di donna piuttosto che un desiderio. Come il suo lavoro al di fuori della casa, come quello in casa, non fosse riconosciuto e lo stesso valeva per molte altre donne. Sfruttate e picchiate per poi ritrovarsi sole e con nessun diritto, con il rischio di fare la fame e faticare ad arrivare a fine mese.

Il tempo passa, siamo nel 2021, eppure quanti racconti come questi sentono in giro?

Quanti discorsi ho sentito da bambina in cui le figlie femmine devono servire i fratelli?

Ammetto di aver vissuto una situazione familiare completamente differente, infatti quando sentivo gli altri genitori dire queste cose per me era follia.

Sono cresciuta, siamo cresciuti, io, mia sorella e mio fratello, in un ambiente in cui eravamo tutti uguali, tutti facevano tutto, aiutavano a casa e non c’era qualcuno che comandava. I miei genitori hanno sempre preso decisioni insieme, quindi sentire alcuni discorsi, sia a sedici anni che ora, mi lascia basita. Non dimenticherò mai quando mio padre venne rimproverato da una signora dicendo che mi stava educando male, mi stava educando da “maschio” che facevo di testa mia e non ubbidivo. Non smetterò mai di ridere per come la fissò mio padre, come se fosse uno strano alieno a due teste. Allo stesso tempo, pensando a quanto accaduto all’epoca rido con mia madre e mia sorella, ma quello stesso avvenimento, insieme ad altre cose, a come si comportavano le mie coetanee, mi ha fatto riflettere, allora come ora.


Il libro di Itziar Ziga è una commovente dedica a sua madre, una serie di ricordi, belli e brutti, della donna, affinché non solo le sue figlie conoscano la sua storia, ma anche il mondo. Ma è anche la voce della stessa autrice che protesta contro il patriarcato, contro chi porta avanti leggi e un modo di vivere che toglie libertà alle donne. Ed è un libro che consiglio vivamente, proprio perché affronta gli argomenti in maniera diretta, ma allo stesso tempo non demonizza tutti gli uomini, ma la cultura che man mano ha preso piede. Il mettere le donne al margine della società, come se non avessero voce in capitolo.

Il libro parla di un periodo lontano dal nostro presente, lontano anche da quando io ero una bambina e poi un’adolescente, eppure gli avvenimenti, il modo di pensare e di comportarsi, quello sembra essersi fermato nel tempo. Le donne hanno lottato, ma per ogni passo avanti ce ne sono ancora molti altri da fare.

Penso che per avvicinarsi a questo genere di letteratura sia un libro perfetto, da qualche parte si deve pur iniziare e lo consiglio tantissimo.






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