RECENSIONE Pansies di Alexis Hall


 

Trama:


Alfie Bell se la passa piuttosto bene. Ha uno stipendio a sei cifre, un attico a Canary Wharf, la macchina che si era ripromesso di comprare a diciotto anni e un nutrito gruppo di raffinati amici londinesi.

Il vero problema è tornare a South Shields ora che tutti sanno che è gay. La sua cittadina natale è l’ultimo posto in cui si aspetterebbe di rimorchiare, ma Fen è bellissimo con i suoi capelli dalle punte rosa e gli occhiali da hipster, pieno di quel coraggio che a lui è sempre mancato. Dovrebbe essere l’avventura di una notte, peccato che Alfie non abbia mai incontrato nessuno così.

Anzi, sì. A scuola, quando il suo status di macho era ancora intatto e Fen era il ragazzino gay che rifiutava di tenere la testa bassa. E ora è un gran casino: Fen sarà anche stato a letto con lui, ma probabilmente non lo perdonerà mai. Senza contare che ha un negozio di fiori da gestire, un lutto da superare e una vita giù al sud.

Alfie vorrebbe solo far funzionare il loro rapporto, ma come può riuscirci quando l’unica cosa che hanno in comune è il paesino in mezzo al nulla dal quale entrambi sono fuggiti?


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Vi è mai capitato di ritrovarvi come a navigare contro corrente? Ad affrontare il mare sempre nella direzione più faticosa, con onde altissime e voi soli su una barchetta?

Diciamo che è un periodo di tempo che mi trovo nella stessa situazione, mi sembra di affrontare ogni volta delle onde alte come montagne, mentre sono in balia della tempesta. Mi capita ogni volta che mi metto davanti al pc e devo scrivere una recensione.

Ammetto che ultimamente i libri che non ho apprezzato non li ho recensiti, ho fatto finta che non esistessero. Come se non li avessi letti!  Questo perché molte volte le recensioni negative portano più rotture che altro, ma soprattutto perché per rendere bene il mio pensiero sul perché non mi sia piaciuto un libro devo essere concentrata e avere il giusto tempo per scriverla.

Mi sono anche resa conto però che non posso far finta di nulla ogni volta, che gestendo un blog dovevo trovare il tempo di tornare a scrivere anche di quello che non ho apprezzato, tornando a scrivere anche le recensioni negative, non tediare unicamente le altre su un libro che non mi è piaciuto, mentre il resto del mondo non si sorbiva le mie lamentele.

A parte gli scherzi, ultimamente è stato un periodo faticoso, impegnato, tanto che ne ha risentito molto sia il blog, sia la scelta di non recensire molti libri. Per scrivere una recensione entusiasta basta poco, è semplice, soprattutto se mi lascio prendere dalla fangirl che è in me. Al contrario per scrivere una recensione, non dico negativa, ma almeno un po’ critica bisogna esserci con la testa e avere tempo di spiegare come si deve cosa ha convinto e cosa no di un libro.

E ora arriviamo alla parte difficile di questa recensione.

Di Alexis Hall ho letto tantissimi pareri entusiasti sui suoi libri; ne sono stati tradotti diversi in italiano, ma io pigra come poche e con una montagna di arretrati da leggere non avevo mai affrontato nulla di suo. Ho letto recensioni su diversi romanzi, tutte più che positive, ho sentito poche voci fuori dal coro che non lo apprezzavano. Ma io davo uno sguardo ai dibattiti e poi tornavo a leggere la mia pila di libri, annotando mentalmente che presto o tardi avrei recuperato i titoli di questo autore.

E finalmente ho avuto modo di leggere il romanzo uscito il primo marzo per Triskell Edizioni, ovvero Pansies.

Cosa dire?

Sinceramente dai commenti e dalle recensioni degli altri suoi libri, dai commenti entusiasti su come affrontasse degli argomenti delicati con maestria, ma allo stesso tempo creando dei libri struggenti, mi sono domandata dove fosse tutto questo nel romanzo che avevo appena terminato.

Dove sono le tematiche delicate, il dolore, lo struggimento e i mille problemi dei personaggi? O meglio ci sono, ma sembrano essere accennati, senza un vero e proprio approfondimento, messi lì, ma allo stesso tempo quel dolore, quei dubbi, sono piatti al lettore, o meglio a me non sono arrivati.

Sì, ok, non è un libro allegro, le lettere che Fen scrive alla madre sono tristi e malinconiche e si avverte il dolore della perdita, il vuoto lasciato dalla donna, ma non bastano a rendere un romanzo completo, pieno di tutte quelle sensazioni di cui non ho fatto altro che sentir parlare in giro.


Forse mi sarei dovuta rendere conto che non era cosa per me dalla trama, dal fatto che i due protagonisti avevano avuto dei trascorsi non proprio rosei da ragazzi, da quel giovanotto che prima si spacciava da etero convinto per poi svegliarsi a quasi trent’anni e scoprirsi gay, ma la cosa ancora lo confonde.

Non dico che sono cose che non accadano, ne succedono più di quello che si voglia credere, ma allo stesso tempo quello che mi ha lasciata perplessa è questa sorta di attrazione tra i due, questo amore che sboccia come se nulla fosse. Ok, sono passati quindici anni, uno potrebbe essersi lasciato il passato alle spalle, ma i brutti ricordi, quelli affiorano e cambiare opinione su qualcuno che ti ha tormentato, che ti ha fatto male, che ti ha fatto soffrire non è cosa semplice.

Può essere bello, un figo spettacolare, si può ragionare con parti del corpo che non siano il cervello, e pensare che il tipo che ti maltratta può anche piacerti, ma alla fine della giostra, tirando le somme, il tipo rimane un bullo e può passare un anno o anche mille, ma superato tutto il dolore, il passato, quello che rimane di certo non è amore, non è perdono né un futuro roseo per i due, ma sicuramente tanta amarezza. E non lo dico a caso, ma perché ho visto persone essere maltrattate, ho visto i miei fratelli essere presi in giro durante le elementari, li ho visti superare la cosa, crescere, e allo stesso tempo continuare a detestare le persone che avevano frequentato. C'è chi cambia, chi è in grado di perdonare e passarci sopra, e poi c'è chi cresce e si lascia tutto alle spalle, ma non dimentica. Perché quel dolore e quelle sensazioni ti rimangono addosso, riaffiorano in ogni momento.

Certe relazioni descritte in alcuni libri non le comprendo, sono alla stregua di quei manga yaoi o anche libri che iniziano con uno stupro e poi finisce tutto rose e fiori e ogni gesto, ogni insulto viene perdonato. Romanticizzare alcuni atteggiamenti è follia, è sbagliato e mi manda in bestia.

Qualcuno diceva che bisogna porgere l’altra guancia, ma credo che non fosse proprio quello che intendeva.


I libri così poi mi fanno arrabbiare tantissimo; la cosa che mi fa infuriare, oltre alla trama, ai comportamenti, a non aver trovato quello che immaginavo, è il fatto che l’autore scrive più che bene, ha una prosa fantastica, trasportata in italiano da una bravissima traduttrice, ma la trama rimane inconsistente e per me, per alcuni atteggiamenti, sbagliata.

Mancano tante cose, mancano i sentimenti, rimane un libro ben scritto, perché non posso dire di no, ma è una storia che poteva dare di più. Personaggi che potevano essere molto di più, ma alla fine sono andati persi per basarsi su un rapporto che nella vita reale probabilmente non sarebbe nemmeno mai sbocciato. Perché a sei anni puoi essere il ragazzino che tira le trecce alla ragazzina che le piace, per attirare la sua attenzione visto che non è in grado di fare altro. Ma gli adolescenti, il loro comportamento, quello che fanno non è perdonabile, non il bullismo e tanto meno perdonarlo, pensando che sono problematiche che alcuni ragazzi sono costretti ad affrontare.

Sia Alfie che Fen si perdono entrambi in dubbi e pare mentali, sin troppo ripetitive; il problema di Alfie è alla fin fine il non accettarsi ancora gay, il pensiero delle persone in quella piccola cittadina dove è cresciuto, il non comprendere appieno quanto abbia fatto male a Fen e il continuare a impuntarsi che siano passati anni e l'altro sarebbe dovuto andare avanti. I problemi di Fen sono la perdita della madre e la comprendo, ma quei mille dubbi sui sentimenti che prova no. Lo so che esiste un detto che al cuore non si comanda, ma seriamente, possono essere passati mille anni, ma quello ti ha picchiato, insultato, preso in giro, fatto le peggio cose, perdonarlo dal mio punto di vista è impossibile.

Non voglio credere che si possa passare sopra a tutto, due parole dolci, una notte insieme e passa tutto in cavalleria.


Pansies è una di quelle storie in cui mi imbatto e penso che, gestita in maniera differente, avrebbe potuto dare di più, molto di più. Di più sul come gestire il passato di entrambi i protagonisti, il loro incontrarsi di nuovo, i sensi di colpa di Alfie, perché, siamo sinceri, si comporta come si sarebbe comportato un adolescente, senza riflettere, senza pensare al male che ha fatto, credendo che gli anni passati avessero fatto dimenticare tutto e che la giovane età e la stupidità legata a questa fossero una giustificazione più che accettabile per il suo comportamento. Forse si potevano far riaffiorare ricordi, pensieri che lo spingevano a comportarsi in un determinato modo. I dubbi sulla sua sessualità? Non dico che avrebbero giustificato il suo comportamento da ragazzo, ma in parte lo avrebbero spiegato.

Alexis Hall scrive molto bene, forse dovrò recuperare altri suoi romanzi, ma questo non lo consiglio; oltre a farmi arrabbiare per alcuni argomenti trattati superficialmente, ho trovato la storia po’ piatta, i sentimenti e le emozioni dei personaggi non mi sono arrivate.

Come ho scritto sopra, ci sono degli input, delle tematiche, ma anche dei comportamenti che potevano essere sviluppati meglio, in maniera più accurata.

Forse la parte che ho trovato curata meglio è il rapporto di Alfie con la famiglia, il suo provare a parlare con loro, il modo in cui si agita la madre quando il figlio tenta di fargli comprendere cosa prova, perché, pur non essendo una donna stupida, sembra limitata a un’unica visuale.

Ma un discorso di poche pagine, qualche battuta, non risolvono e non sistemano una storia che, pur essendo lineare, non lascia nessun tipo di emozione.

Tre piume.





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