RECENSIONE La metà scomparsa di Brit Bennett

La metà scomparsa



Mallard, Louisiana, è il paese dove si è riunita una comunità di neri dalla pelle chiara, “che non sarebbero mai stati accettati come bianchi ma rifiutavano di farsi trattare come neri”. In un posto così non passa inosservato il ritorno di Desiree Vignes e della piccola June, la sua bimba, che ha la pelle nerissima. Anni prima Desiree era fuggita da Mallard e da un terribile ricordo, la morte del padre massacrato da un gruppo di bianchi: ma ora per lei il paese rappresenta la salvezza, il luogo invisibile in cui sottrarsi a un marito violento. Desiree, però, non era fuggita da sola ma insieme a Stella, l’inseparabile gemella identica a lei. Non sapevano ancora, le due sorelle, che a New Orleans la sorte le avrebbe divise e Stella sarebbe a sua volta scomparsa. Passano gli anni, Jude cresce e giunge anche per lei il momento di lasciare Mallard. In California, dove è arrivata per studiare medicina, incontra un ragazzo che una volta si chiamava Therese e una giovane attrice dagli occhi viola: grazie a loro scoprirà il segreto di Stella e, forse, potrà ricucire due destini separati dal razzismo e da un sogno di libertà. Quanto siamo liberi di diventare ciò che davvero siamo rispetto al destino che altri – la famiglia, la comunità – hanno scelto per noi? 



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Buongiorno lettori, oggi vi parlo di un libro che mi ha letteralmente folgorato e che è in lizza per diventare uno dei più belli del 2022 già a Gennaio.

Sto parlando di La metà scomparsa di Brit Bennett, uscito nel 2021 per Bompiani, un romanzo che racchiude tante tematiche che hanno contraddistinto molte delle mie letture del 2021: razzismo, femminismo, questione di genere, ricerca dell’identità. E’ un romanzo di narrativa americana, che come ormai avrete capito è diventata una vera ossessione per me dal 2020 (il mio anno dei classici della letteratura statunitense).

Brit Bennet ha creato una storia profonda e a tratti struggente, che ripercorre due generazioni di donne.

Non parliamo solo delle sorelle protagoniste, che sono gemelle appartenenti ad una comunità di neri che però non hanno la pelle così scura, per cui vengono discriminati sia dai bianchi che dai neri, ma parliamo anche delle figlie di queste due sorelle, una nera e una bianca, che cercano il proprio posto nel mondo.

Il libro, che è ambientato tra gli anni 60 e gli anni 80 del Novecento, parla anche di questione di genere, di transessualità, con una naturalezza disarmante che non ho potuto fare a meno di sentirmi trasportata. 

Il focus principale del romanzo è dunque l’accettazione di sé e della propria identità; oppure la non accettazione. I personaggi non sono perfetti, non si redimono all’ultimo minuto ma sono tremendamente umani nelle loro scelte e nei loro errori, nella ricerca del proprio posto in un mondo che sembra non accettarli.

Quello che Brit Bennet riesce a trasmettere ai suoi lettori è che non bisogna cercare la propria identità negli altri, ma imparare ad accettarsi per ciò che si è oppure ambire a diventare la persona che noi stessi desideriamo essere.

Ho adorato anche che il racconto fosse quasi esclusivamente raccontato in chiave femminile, con una eccezione importante.

Visto la lunghezza apparente di questo gennaio, ho l’impressione di averlo letto una vita fa, per cui mi sono un po’ pentita di non aver scritto subito la recensione; spero tuttavia di essere riuscita a trasmettervi perché ho amato tantissimo questo romanzo, perché potrebbe davvero essere una delle migliori letture del 2022 (spoiler: no, non può esserlo ma solo perché ho in programma di recuperare altri romanzi di Steinbeck e so già che quelli schizzeranno direttamente in top alla mia classifica personale).

Se amate la narrativa statunitense che racconta dell’America rurale, soprattutto degli stati del sud, e parla di questione di razzismo, è assolutamente il romanzo che fa per voi.

Se l’avete letto, mi farebbe piacere sapere la vostra opinione in un commento qui sotto.

Alla prossima recensione.




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