"Ho sottratto principesse a re dormienti nei
tumuli. Ho ridotto in cenere la città di Trebon. Ho passato la notte con
Felurian e me ne sono andato sia con la vita, sia con la sanità mentale. Sono
stato espulso dall’Accademia a un’età inferiore a quella in cui la maggior
parte della gente viene ammessa. Ho percorso alla luce della luna sentieri di
cui altri temono di parlare durante il giorno. Ho parlato a dèi, amato donne e
scritto canzoni che fanno commuovere i menestrelli. Potresti aver sentito
parlare di me."
Vi è mai capitato di iniziare un libro solo
per una frase letta di sfuggita? E non parlo della trama, della storia o di
altro, ma solo una frase, più o meno lunga che vi ha letteralmente incantato,
tanto che avete preso il libro così a scatola chiusa, senza voler sapere nulla
né dell’autore né altro, troppo curiosi di sapere se tutte le 800 e passa
pagine che lo compongono sono talmente belle e suggestive come quelle poche righe lette per caso.
A me è accaduto così, ormai parecchio tempo
fa, con questo libro. Per caso, gironzolando in libreria mi cadde l’occhio
sulla parte anteriore, quella dove c’era scritta la frase che ho
riportato sopra, per la prima volta in vita mia non l’ho nemmeno sfogliato,
letto qualche pagine interna, o guardato chi fosse l’autore, l’ho comprato e
basta.
Il nome del vento
Titolo: Il nome del vento
Autore:
Patrick Rothfuss
Editore: Fanucci
Prezzo: 20,00
Autore:
Informazioni
prese da Wikipedia e dal libro.
Patrick Rothfuss è nato a Madison negli Stati
Uniti il 6 giungo 1973.
Il nome del Vento è il suo primo libro
fantasy, opera prima non che primo di una trilogia intitolata “Le
Cronache dell’Assassino del re” uscito negli Stati Uniti nel 2007 e
portato in Italia un anno dopo dalla Fanucci Editore.
Con un estratto di questo libro, prima che
venisse pubblicato ha vinto il concorso “Writers of the Future”,
in seguito, dopo la pubblicazione con questo libro ha vinto il Quill
Award come miglior libro fantasy/fantascienza/horror del 2007.
Trama:
“Era di nuovo notte. La locanda della
Pietra Miliare era in silenzio, e si trattava di un silenzio in tre parti.
La parte più ovvia era una quiete vuota,
riecheggiante, formata da cose che mancavano. Se ci fosse stato del vento,
avrebbe spirato attraverso gli alberi, fatto scricchiolare l’insegna della
locanda sui suoi cardini e spazzato via il silenzio lungo la strada come
vorticanti foglie autunnali.”
La Pietra Miliare è una locanda come tante, e Kote, il giovane uomo che la gestisce è uno dei tanti locandieri che si possono incontrare in un luogo simile: mite, silenzioso, scandisce la suavita regolarmente, come regolarmente gestisce quel luogo. Eppure Kote non è quel che appare, non è quello che i clienti della Pietra Miliare vedono ogni giorno, nasconde un segreto.
Nasconde avventure e un passato, una vita differente da quella del silenzioso locandiere che conduce.
Il libro inizia così, alla Pietra Miliare, ma ben presto attraverso i racconti di Kote, il cui vero nome è Kvothe ci spostiamo altrove, assieme alla compagnia di girovaghi dove è nato e cresciuto, o nelle strade polverose dove per lungo tempo ha vissuto e mendicato, per poi arrivare all'Accademia, meta ambita e sognata sin da quanto era solo un Ruh girovago.
Ma Kvothe come non è solo un locandiere, non è stato solo uno studente dell'Accademia, è molto di più, e nelle pagine di questo libro si scoprirà una parte della sua vita, delle sue avventure, di quei viaggi che infine lo hanno condotto alla Pietra Miliare.
Nasconde avventure e un passato, una vita differente da quella del silenzioso locandiere che conduce.
Il libro inizia così, alla Pietra Miliare, ma ben presto attraverso i racconti di Kote, il cui vero nome è Kvothe ci spostiamo altrove, assieme alla compagnia di girovaghi dove è nato e cresciuto, o nelle strade polverose dove per lungo tempo ha vissuto e mendicato, per poi arrivare all'Accademia, meta ambita e sognata sin da quanto era solo un Ruh girovago.
Ma Kvothe come non è solo un locandiere, non è stato solo uno studente dell'Accademia, è molto di più, e nelle pagine di questo libro si scoprirà una parte della sua vita, delle sue avventure, di quei viaggi che infine lo hanno condotto alla Pietra Miliare.
Recensione:
“All’interno della Pietra Miliare alcuni
uomini erano radunati in un angolo del bancone. Bevevano con calma
determinazione, evitando serie discussioni di notizie preoccupanti. Nel fare
ciò essi aggiungevano un piccolo, cupo silenzio, a quello vuoto più grande.
Formava una sorta di lega, un contrappunto.”
Ametto che non
è stata una lettura recente, anzi è parecchio datata, l’ho comprato poco dopo che è uscito in italiano,
quindi nel lontano 2008.
Dopo anni di
attesa, e altrettanto tempo per decidermi a comprare ed iniziare il secondo
libro di questa fantastica saga, mi sono detta, mentre prendevo appunti per
quella di recensione, ma non sarebbe il caso di commentare anche il primo
libro? Insomma, parlare del secondo senza nessun tipo di accenno a come tutto è
iniziato sarebbe un’inutile perdita di tempo, raccontare la trama, gli avvenimenti
a metà confonderebbe solamente le idee, e quindi eccomi qua a recensire Il nome
del Vento.
È un fantasy,
ma penso che questo lo abbiate intuito da soli; e non posso crederci,
finalmente commento il mio secondo fantasy all’interno del blog u.u evviva.
Come ho
scritto all’inizio, questo libro è arrivato nella mia libreria per caso, o
meglio perché sono rimasta incantata dalla frase sul retro, per essere chiari
la frase di apertura di questa recensione. Sicuramente non è un buon motivo per
iniziare un libro, tanto meno per comprarlo, lo so benissimo, ma una vocina
dentro di me, continuava a dirmi: “compralo, compralo non te ne pentirai.”
Ripensandoci ora, ringrazio la mia follia e quella vocina dentro di me.
Sin dalle
prime pagine sono rimasta affascinata dal modo di scrivere dell’autore, alcune
frasi, alcuni pensieri erano più delle poesie che frasi in prosa. Leggendoli
rievocavano immagini, luoghi mai esistiti, mondi incantati.
Solo con
l’epilogo mi sono innamorata del modo di scrivere di Rothfuss, consapevole, che
se mai avesse continuato con la saga, o scritto un qualsiasi altro tipo di
libro, io l’avrei comprato ad occhi chiusi.
Come molti
suoi predecessori nel mondo del fantasy, ha creato un mondo, ma a differenza di
molti altri, la sua storia, sì, è basata sull'elemento fantasy, ma molto anche sull'introspezione del protagonista. Kvothe ha mille sfaccettature, come si
capirà leggendo il libro, è il bambino,
figlio di girovaghi, curioso e portato per il teatro e amante della musica. È
quello stesso bambino dalla spiccata intelligenza che sogna di entrare e
studiare all’Accademia; e poi è sempre quel ragazzo rimasto solo ad affrontare
il mondo, e allo stesso tempo desideroso di scoprire il perché la sua famiglia,
la compagnia con la quale viaggiava è stata sterminata.
Kvothe è anche
molte altre cose, ha tante sfaccettature e tante domande a cui vuole dare una risposta.
Il libro è
impostato magistralmente, la storia si svolge su due binari paralleli: il
passato di Kvothe, raccontato da lui stesso. I racconti della sua vita, da quando viveva come girovago
assieme ai genitori, passando per la loro morte e il periodo in cui è vissuto
da solo, e poi la parte in cui è arrivato all’Accademia e da qui, le sue
amicizie, nonché i nemici che si è fatto, vista anche la sua grande attitudine
nel farsi odiare. Infine c'è la sua evoluzione come personaggio, del suo carattere, di come è
cresciuto e di come il suo carattere è mutato per via degli eventi, e per un altro è rimasto sempre lo stesso: un giovane forte, irrequieto,
irruente, pronto a ribattere con chiunque, ma è anche rimasto il giovane amante della
musica e della commedia, il ragazzo dalla spiccata intelligenza e dall'animo malinconico.
Nei capitoli
al presente non è più il giovane che
frequenta l’Accademia. La vita da studente e le avventure sono passate, gli
anni sono trascorsi, ma non così tanti come potrebbe sembrare, Kvothe è ancora
giovane, ma si è allontanato da tutto, dai suoi studi, dall’Accademia, dai suoi
amici.
In questi
capitoli racconta del suo passato, ma allo stesso tempo è un personaggio
completamente differente, malinconico, in alcuni tratti spaurito e stanco di
vivere. I ricordi sembrano perseguitarlo, rincorrerlo, raggiungendolo, ma
qualcosa lo trattiene dal tornare indietro ad affrontarli. C’è qualcosa che non
gli permette di abbandonare quella locanda dove ora si nasconde, dove vive da
solo braccato dal passato.
La bravura di
Rothfuss sta proprio in come gestisce questi due binari, i racconti di Kvothe,
e i capitoli al presente. Lasciando che il lettore si ponga un sacco di
domande, e lasciando un sacco di misteri in sospeso, con la speranza che presto
abbiamo una soluzione.
La più grande
domanda che mi sono fatta mentre leggevo il libro è il genere di rapporto che
lega Kvothe a Bast, e non dico in senso fisico, e non parlo nemmeno di amore,
non quello fra due amanti almeno. Più che altro intendo quella sorta di
amicizia? Se si può definirla così che ha portato il secondo a rimanere accanto
a Kvothe anche in quel suo isolamento volontario. Come mi piacerebbe scoprire
come si sono conosciuti: e poi Bast mi piace, è particolare, esuberante, in
alcuni casi sembra sia innamorato di Kvothe, in altri è solo un caro amico che
tenta di spronarlo, ma sino ad ora non ho ben chiaro quale sia il suo ruolo in
tutto questo. È un personaggio ambiguo, quando è comparso ho pensato che fosse
solo una presenza marginale, ma più si va avanti con il libro, più si capisce
che non è così.
Per concludere,
è un libro che consiglio vivamente, è una lettura profonda, allegra, con la
giusta dose di introspezione e fantasy, qualsiasi buon amante del genere lo
apprezzerà sin dai primi capitoli; per non parlare della trama, complessa e ben
delineata, passando a come è scritto, una vera e propria poesia a mio parere:
sia pensieri che descrizioni mi hanno fatto innamorare. E poi ci sono loro, i
personaggi, primo fra tutti Kvothe, lo adoro, ha mille sfaccettature, pagina
dopo pagina, capitolo dopo capitolo, cresce, evolve, fino a scoprire ogni
sentimento, ogni emozione che prova. Come sono fantastici e complessi i
personaggi che gli ruotano attorno, ben delineati, non perfetti, troppo buoni o
troppo cattivi, ma normali con i lati positivi e negativi, come lo è lo stesso
Kvothe, non perfetto, ma umano e con i sentimenti, la paura e la rabbia, ma
anche l’amore che può provare un essere umano.
“Il terzo
silenzio non era facile da notare. Se foste rimasti in ascolto per un’ora,
avreste potuto cominciare a sentirlo nel pavimento di legno sotto i piedi e nei
ruvidi barili scheggiati dietro il bancone. Era nel peso del focolare di pietra
nera che tratteneva il calore di un fuoco spento da molto. Era nell'andirivieni di un bianco panno di lino che sfregava le venature del bancone. Ed era nelle
mani dell’uomo che se ne stava lì in piedi a pulire un tratto di mogano che già
risplendeva alla luce delle lampade.”
Qui vi
riporto le copertine dell’edizione italiana, non ricordo chi, ha affermato che
non era un granché rispetto a quelle straniere, ma a me piace tanto. Aggiungo
anche quelle che sono riuscita a trovare in giro.
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