Londra, negli anni della crisi economica tra le due guerre. Nella casa
della famiglia Banks ora vive Michael, adulto, e vedovo da un anno, con
tre figli a cui badare: John, Annabel e Georgie. Per loro, ha rinunciato
alla passione per la pittura ed è entrato in banca, come suo padre
prima di lui. Ma ora la stessa banca, inclemente, reclama la casa, i
soldi per riscattarla non ci sono e Michael non sa a chi votarsi. Il
tempo è maturo perché Mary Poppins cali dal cielo aggrappata al suo
ombrello e torni ad occuparsi dei piccoli e dei grandi Banks, in viale
dei Ciliegi numero diciassette.
Che la Disney negli ultimi anni stia puntando un po' tanto sul fattore nostalgia credo sia abbastanza palese a tutti: tra live-action dei grandi classici e sequel sfornati a ripetizione ce n'è per tutti i gusti. Il problema è che di fianco a prodotti di ottima qualità (tipo Cenerentola o La Bella e la Bestia), se ne trovano anche altri di cui sinceramente avremmo fatto volentieri a meno. Per fortuna Il Ritorno di Mary Poppins fa parte della prima categoria. Infatti, e quasi incredibilmente a parere mio, la stessa magia del primo è ancora quasi tutta intatta.
Partiamo dalla protagonista: Emily Blunt è semplicemente "Perfetta sotto ogni aspetto", strizzando l'occhio con questa battuta al personaggio originale di Julie Andrews (che purtroppo si è rifiutata di apparire anche sotto forma di cameo, temendo di attirare troppo l'attenzione degli spettatori). Troviamo a seguire un co-protagonista magnifico nel personaggio di Jack: lampionaio, esuberante ed ottimista, ci offre la perfetta evoluzione degli spazzacamini del 1906. Anche la famiglia Banks offre una buona prova, tra un Michael ormai fin troppo simile al padre, una Jane impegnatissima nella lotta ai diritti civili (derivazione delle suffragette viste nel primo film) e i tre figli putroppo cresciuti troppo prematuramente a causa di lutti ed impegni famigliari.
Come non citare poi il meraviglioso cameo di Dick Van Dyke: nel momento in cui è comparso su schermo sembrava quasi di assistere ad una delle apparizioni di Stan Lee nei film della Marvel, salvo poi mettersi a ballare in un modo quasi impossibile per un ultranovantenne.
Forse l'unico personaggio un po' anonimo è il banchiere interpretato da Colin Firth: classico villain mosso da interessi economici, svolge alla fin fine il compito che fu del Mr. Banks senior originale, ovvero insegnare agli spettatori che i soldi non danno la felicità.
Anche sul versante delle canzoni non ci si può lamentare: partendo dal presupposto che mostri sacri come Supercalifragilistichespiralidoso o la canzone degli spazzacamini non si possono eguagliare, il film mette in scena tutto un vasto insieme di numeri coreografici, e tra viaggi in fondo al mare (della vasca da bagno), tendoni da circo nei vasi di porcellana e cori di lampionai ci si ritrova alla fine delle due orette abbondanti di film con un sorriso beato sul volto. E alla fine della fiera il suo più grande pregio è proprio quello: in anni in cui la Disney si trova a dover fare i conti con un pubblico sempre più evoluto e con gusti sempre più complicati, riuscire a tirare fuori quello che non è né più né meno che un "classico film Disney di Natale" appare come un vero miracolo. Ci sono stati punti in cui, chiudendo gli occhi, avevo quasi l'impressione di trovarmi di nuovo a Disneyland durante la parata della sera.
Tirando le somme: se come me avete passato buona parte della vostra vita a vedere e rivedere l'originale nelle vacanze di Natale (insieme al Grinch, The Nightmare Before Christmas e Una Poltrona per Due), non state neanche a farvi domande: infilatevi nel primo cinema disponibile e tornate bambini per un paio d'ore. Se invece non sapete neanche chi sia la signora Poppins, infilatevi nel primo cinema disponibile, tornate bambini, poi andate a casa a guardarvi il primo cospargendovi il capo di cenere.
sia la signora Poppins
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