RECENSIONE Brothersong - Il canto dei fratelli (Green Creek #4) di TJ Klune

Brothersong





Tra le rovine di Caswell, nel Maine, Carter Bennett ha appreso la verità di ciò che aveva avuto davanti agli occhi per tutto il tempo. E poi esso – lui – non c’era più.

Alla ricerca disperata di risposte, Carter si mette in cammino, abbandonando la famiglia e la sicurezza del suo branco, tutto in nome di un uomo che conosce soltanto come un lupo selvatico. Ma è lì che risiede il pericolo: i lupi sono branchi di animali, e più Carter resterà da solo, più la sua mente scivolerà verso la voragine infinita della follia degli Omega.

Ma insiste, seguendo le tracce lasciate da Gavin.

Gavin, il figlio di Robert Livingstone. Il fratellastro di Gordo Livingstone.

Ciò che Carter trova cambierà per sempre la vita dei lupi. Perché la storia di Gavin con il branco dei Bennett va ancora più indietro di quanto si possa immaginare, un segreto tenuto nascosto dal padre di Carter, Thomas Bennett.

E la conoscenza ha un prezzo: i peccati dei padri adesso ricadono sulle spalle dei figli.



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Buongiorno, lettori; oggi vi parlo di un romanzo che è uscito a settembre per Triskell Edizioni e che chiude una saga che mi è piaciuta molto, sebbene abbia qualche difetto.

Sto parlando di Brothersong, quarto volume della serie Green Creek di TJ Klune.

Ho amato molto il primo volume di questa saga e anche gli altri non mi sono dispiaciuti, sebbene nessuno sia stato all’altezza di Wolfsong.

Il problema principale che ho riscontrato nei sequel e che qui è ancora più evidente è una sorta di ripetitività che permeava la narrazione, quasi che fossero imitazioni di Wolfsong e non seguiti. Intendiamoci, non è che non abbia apprezzato la storia, ma mi ero immaginata un avanzamento diverso, una narrazione più dinamica, invece ogni libro racconta la storia di una coppia, ma pare la fotocopia della coppia precedente.

La microstoria prosegue, certo, ma anche lì è a livello piuttosto marginale (sebbene verso la fine di questo romanzo abbiamo qualche elemento in più, in quanto è la conclusione della saga).

Non so in che modo, forse non c’era, ma magari una diversa gestione delle storie avrebbe contribuito a rendere più dinamico e meno macchinoso il tutto.

Devo ammettere, nonostante di solito mi piaccia Klune, ho fatto fatica ad andare avanti in alcuni punti.

E mentre scrivo questa recensione mi rendo conto che forse il problema è che Klune va preso a piccole dosi, perché anche in un’altra serie ho riscontrato che dopo il primo, la sua pungente ironia era diventata troppo, oscurando in parte il piacere della lettura.

Per cui credo che il mio problema con Klune sia che finché leggo uno stand alone o un primo volume va tutto bene, ma quando ci addentriamo in saghe più lunghe la sua scrittura mi risulta più pesante e meno scorrevole.

Ovviamente questa è la mia opinione; mi piacerebbe sapere la vostra, leggere cosa avete pensato di Brothersong e in generale della saga di Green Creek, per capire anche i punti di vista diversi dal mio.

Io vi saluto e vi do appuntamento alla prossima recensione.


Tre piume e mezzo


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